Accertamento, riscossione e contenzioso

21 Ottobre 2024

La Cassazione torna sui modelli statistici alla base dell’accertamento

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 9.10.2024, n. 26357, è tornata a pronunciarsi sugli studi di settore con rappresentazioni di diritto che appaiono espandibili a ogni accertamento che ritrae il raccordo con le riprese reddituali da fonti statistiche.

Per il giudice di Cassazione la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati (meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività), ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale occasione, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni.

L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte.

In ordine alla sentenza in commento va premesso che in essa si assume lo scarto tra la segnalazione statistica e il ricavo contabile filtrato dal contraddittorio preventivo, alla stregua di una presunzione grave, precisa e concordante, omettendo di considerare che l’art. 62-sexies D.L. 331/1993, nel prospettare l’operatività degli studi di settore, dispone che: “Gli accertamenti di cui agli artt. 39, c. 1, lett. d) D.P.R. 600/1973 possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore”.

Lo scarto tra il ricavo e il dato statistico deve segnalare una grave incongruenza tra la dinamica dei fattori produttivi impiegati nell’esercizio d’impresa e le risultanze reddituali del contribuente filtrate dalla congruità dei ricavi conseguiti. È, quindi, l’Amministrazione Finanziaria a essere tenuta, in sede di istruttoria, alla decodificazione delle variabili attraverso cui la statistica procede a rappresentare il ricavo congruo e a motivare nell’atto impositivo, con autentico criterio ricognitivo, la presunta evasione fatta derivare dallo scarto tra il dato contabile e il responso statistico.

In ordine poi al salvagente rappresentato dall’obbligo del contraddittorio preventivo, si deve considerare come per la dottrina (Massimiliano Giorgi, “l’accertamento basato su studi di settore: obbligo di motivazione ed onere di prova” in Rass. Tributaria n. 3/2001) la complessità dell’intersezione di tutte le variabili, che nel modulo statistico vengono impiegate, preclude ogni autentica cognizione causale alla Finanza e al contribuente dello scrutinio che l’elaborazione rappresenta nel suo solo esito conclusivo.

La comprensione della metodologia trascende le conoscenze del verificatore e del contribuente in quanto coinvolge conoscenze estremamente specialistiche. I fatti anomali segnalati dal contribuente in occasione del contraddittorio possono portare a una rideterminazione dell’esito reddituale standardizzato, in modo da passare da un modello di reddittività teorica a una misurazione di capacità contributiva effettiva.

Il contradditorio, come peraltro le esperienze concrete hanno evidenziato, può portare solo a un astratto sconto, del tutto sprovvisto di una qualsiasi connessione con determinazioni reddituali autenticamente espressive degli ineludibili fondamenti di presidio dell’obbligo impositivo. La statistica è solo capace, anche se in modo impreciso, di monitorare la massa, ma non la singola capacità contributiva, costituente fiscalmente l’abito sartoriale del contribuente e il suo passaggio attraverso il contraddittorio tra soggetti mancanti il più delle volte di ogni conoscenza statistica, riesce solo a costituire l’apparente salvagente che illude che lo strumento accertativo possa in qualche modo coniugarsi con il modello impositivo pensato in Costituzione.

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