Accertamento, riscossione e contenzioso
07 Agosto 2024
L’antieconomicità per la Cassazione è parametro di sostenibilità della ricostruzione induttiva del reddito del contribuente, con inversione a suo carico dell’onere di provare la misura fondata dei redditi dichiarati.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 31.07.2024, n. 21531, è tornata a pronunciarsi sul rilievo relativo all’antieconomicità del rapporto costo/ricavi, evidenziando come rappresenti un principio consolidato della Corte, quello per cui l’Amministrazione Finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, possa desumere in via induttiva, ai sensi degli artt. 39, c. 1, lett. d) D.P.R. 600/1973 e 54, cc. 2 e 3 D.P.R. 633/1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria (Cass. sent. 30.12.2015, n. 26036).
Trattasi di un principio costituente ormai diritto vivente e parzialmente anche condivisibile. Tuttavia, si deve sempre considerare che la prova contraria a carico del contribuente può pur essa essere fondata su presunzioni induttive di mera verosimiglianza, senza la pretesa nei confronti del contribuente dell’esclusiva prova documentale storica, per la necessità di non ingenerare uno sbilanciamento tra le inferenze induttive di supporto della ripresa fiscale e della prova contraria del contribuente.