ETS ed Enti non commerciali
26 Marzo 2024
Molti enti associativi si interrogano sull’obbligatorietà di apertura della partita Iva. È obbligatoria o no? Da quando? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Tra gli enti del Terzo settore costituiti in forma associativa che vivono oggi di soli proventi istituzionali, quali quote associative e corrispettivi specifici, e che sono quindi sprovvisti di partita Iva, la grande domanda che viene rivolta al consulente di fiducia è: “dobbiamo aprire obbligatoriamente la partita Iva?”
L’argomento Iva insomma serpeggia tra i Consigli Direttivi degli enti associativi ormai da qualche mese, proviamo a mettere un po’ di ordine.
Chiariamo sin d’ora che le quote associative degli enti del Terzo settore continueranno a beneficiare dell’esclusione Iva; perciò, le novità riguarderanno solo le attività definibili come commerciali ed i corrispettivi specifici.
La norma di riferimento applicabile ai fini Iva, per quanto riguarda i corrispettivi specifici, è ad oggi l’art. 4, c. 4 D.P.R. 633/1972:
“Si considerano fatte nell’esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”.
Quindi, ad esempio, nel caso di un’associazione di promozione sociale che abbia come oggetto la promozione della cultura artistica e che proponga ai propri associati un corso di arte figurativa a pagamento, pur essendo chiaro il sinallagma tra la prestazione dell’associazione per il socio, e il pagamento del socio per tale prestazione, alla data odierna è chiara la possibilità di fruizione della decommercializzazione di cui all’articolo sopra citato. Ciò consente all’associazione di escludere i proventi del corso di arte dall’area impositiva Iva. Insomma, sono operazioni fuori campo Iva.
L’apertura di un procedimento di infrazione dell’Unione europea (n. 2008/2010) su questo tema, ha spinto il legislatore, con il D.L. 146/2021 (L. 215/2021), a “spostare” alcune operazioni attualmente considerate fuori campo Iva, dall’art. 4 all’art. 10 D.P.R. 633/1972. Ciò significa che tali operazioni non saranno più fuori campo, ma saranno considerate esenti.
Tra esse, vi sono anche:
“le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto (…)”.
Tale variazione (da fuori campo ad esente) non è però un mero tecnicismo, e porta con sé probabili futuri obblighi per le Associazioni che hanno questo tipo di introito, non ultimo, l’apertura della Partita Iva, giacché è appena il caso di ricordare che un’operazione fuori campo Iva, o esclusa, difetta di uno dei requisiti fondamentali per l’applicazione dell’imposta (oggettivo, soggettivo, territoriale), mentre un’operazione esente ha tutti i requisiti, ma l’imposta è disapplicata per legge in forza dell’art. 10 D.P.R. 633/1972.
Sotto l’aspetto dell’entrata in vigore: la L. 23.02.2024 n. 18 (conversione del “decreto Milleproroghe” 30.12.2023 n. 215), ha rinviato l’applicazione dell’esenzione Iva su tali operazioni al 1.01.2025.
Un secondo aspetto Iva, di fatto completamente slegato dall’argomento precedente, ma che rischia di creare confusione, è la possibilità di applicazione del regime forfetario di cui alla L. 190/2014 art. 1, cc. 58-63, ai soli fini Iva, da parte di APS e ODV che hanno ricavi inferiori a 65.000 euro.
Si tratta di una modalità facoltativa di applicazione di un regime per ricavi già considerati commerciali (quindi stiamo parlando di enti che hanno già la partita Iva). Inoltre, la norma è circoscritta ad APS e ODV con ricavi inferiori a 65.000 euro.
Tale possibilità è stata introdotta dall’art. 5, c. 15-quinquies D.L. 146/2021, ed è applicabile a partire dal 1.01.2024. È il caso di ribadire che si tratta di una facoltà. L’assoggettamento a tale regime per chi ne ha i requisiti non è obbligatorio, le Associazioni possono continuare ad applicare ai fini Iva, ad esempio, il regime di cui alla L. 398/1991, fino a che il titolo X della Riforma del Terzo settore (D.Lgs. 117/2017) non sarà pienamente operativo.