IVA
13 Agosto 2020
Cassazione e Agenzia delle Entrate con orientamenti difformi sull’attrazione del raggio di azione dell’IVA per l’indennità di avviamento
L’indennità per perdita di avviamento commerciale è prevista dall’articolo 34 della legge 392/1978. In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo ad immobili commerciali, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore, è previsto dal citato articolo che il conduttore abbia diritto ad una indennità (c.d. buonuscita) pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto. Per le attività alberghiere le mensilità diventano 21. E questa raddoppia qualora l’immobile venga adibito dal proprietario, entro un anno, all’esercizio della stessa attività o di attività affini incluse nella medesima tabella merceologica del conduttore uscente. Si tratta, in altre parole, di una sorta di ristoro compensativo dovuto dal locatore qualora quest’ultimo eserciti la disdetta.
Tuttavia, giurisprudenza, dottrina e Agenzia delle Entrate non sono concordi sul trattamento IVA della buonuscita. Prima fra tutte l’Aidc (Associazione italiana dottori commercialisti) che si è espressa sulla questione con la norma di comportamento n.190 del 2014. Secondo l’Aidc, trattandosi di un indennizzo privo di una effettiva controprestazione da parte del percipiente, la buonuscita non deve essere assogettata ad Iva. La somma infatti è dovuta ex lege e viene erogata al conduttore per effetto di un automatismo normativo. Diverso se la cessazione del contratto dipende da una negoziazione tra le parti che determina quindi la sussistenza di un vincolo sinallagmatico (reciprocità di prestazioni). In quest’ultimo caso l’ indennità assume rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
La tesi dell’esclusione della buonuscita dal raggio d’azione dell’IVA è stata postulata in diverse occasioni dalla Corte di Cassazione. Con l’ordinanza n. 20180 del 12.11.2019, la Suprema Corte ha confermato il proprio orientamento, più volte ribadito in passato (Cass. Sez.III, 7.06.2006, n.13345; Cass. Sez. III, 11.07.2006, n.15721; Cass. Sez. III, 29.05.2012, n. 8559) secondo cui l’indennità per perdita di avviamento rientra tra le somme dovute a titolo di risarcimento del danno, penalità, ritardi o altri irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali di cui all’art.15 D.P.R. 633/1972, le quali non concorrono a formare la base imponibile IVA.
La Cassazione è però in aperta antitesi con quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 3.06.2005 n. 73/E. Nel documento di prassi l’Amministrazione Finanziaria ravvisa la sussistenza di un rapporto sinallagmatico: la buonuscita costituirebbe un corrispettivo di quello che l’attività del conduttore ha rappresentato in termini di aumento del valore dell’immobile e della potenzialità dello stesso ad essere utilmente impiegato nell’esercizio di attività imprenditoriale.
Ad oggi la questione non è risolta e nonostante l’orientamento dell’Agenzia appaia “ardito” accade di sovente che il conduttore emetta fattura con IVA per mettersi al riparo da eventuali contestazioni.