Società e contratti
10 Settembre 2024
Le deliberazioni assembleari possono essere viziate dalla violazione di norme che ne disciplinano le varie fasi del procedimento deliberativo o che attengono al contenuto della delibera, determinandone l’invalidità.
La nullità delle delibere può essere fatta valere “da chiunque vi abbia interesse entro 3 anni dalla sua iscrizione o deposito nel Registro delle Imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea, se la deliberazione non è soggetta né a iscrizione né a deposito” (art. 2379, c. 1, c.c.). Questa può essere anche rilevata d’ufficio e la relativa azione è sollevata anche dai soci che hanno votato a favore della deliberazione.
A differenza della disciplina dei contratti la nullità delle delibere assembleari può essere sanata nelle ipotesi previste dall’art. 2379-bis c.c.
In relazione alle società a responsabilità limitata, l’art. 2479-ter c.c. prevede che la legittimazione a impugnare la delibera annullabile compete esclusivamente ai soci che non vi hanno consentito, a ciascun amministratore e al collegio sindacale, non anche a terze persone estranee a tali 3 categorie, quali il socio unico della società che, a sua volta, è socio unico della s.r.l. che ha adottato la delibera impugnata (Tribunale di Roma, sentenza del 22.06.2023).
Mentre invece saranno nulle le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione, le quali potranno essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro 3 anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma dello stesso articolo. Potranno essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite (art. 2479-ter, c.3, c.c.).
Per ciò che concerne i vizi formali, come l’irregolare convocazione o costituzione dell’assemblea, l’interesse ad agire è in re ipsa, ovvero sussiste automaticamente. Ogni socio ha il diritto di vedere rispettate tutte le fasi del procedimento assembleare, a prescindere dalla prova di uno specifico interesse diverso dalla rimozione dell’atto impugnato. Sempre il Tribunale di Roma ha affermato che è da riconoscere a ogni socio l’interesse ad agire al fine di ottenere l’accertamento della legittimità di delibere assunte in violazione della legge o delle norme statutarie. L’eventuale coesistenza di motivi personali ulteriori ed estranei a quelli propriamente connessi all’esperimento dell’azione non vale a escludere la legittimazione attiva né l’interesse ad agire del socio attore, potendosi al più configurare, in presenza dei relativi presupposti, un abuso del processo (Trib. Roma, sentenza del 15.09.2023).
Mentre per i vizi sostanziali, invece, l’interesse dovrà essere concreto, rilevante e concernente la posizione di vantaggio effettivo che dalla sentenza di merito può derivare. Il socio deve allegare e dimostrare un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della propria posizione patrimoniale. L’impugnante, su cui ricade l’onere della prova, dovrà provare non solo l’illegittimità della delibera, ma anche il danno concreto subito da questa (Cass., sent. 29.01.2013, n. 1528).
L’impugnativa deve essere proposta entro il termine di decadenza di 90 giorni dalla data della deliberazione o, se questa è soggetta a iscrizione nel Registro delle Imprese, dall’iscrizione (art. 2377, c. 2 c.c.). Legittimati a impugnare le deliberazioni annullabili sono i soci assenti, dissenzienti o astenuti che “avevano diritto di voto” sulle materie oggetto di deliberazione (art. 2377, c. 3 c.c.).