Amministrazione del personale

08 Giugno 2024

L’avvento dell’intelligenza artificiale nella gestione del personale

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale anche nel settore delle risorse umane è al centro dell’attenzione generale per le conseguenze che può produrre nei confronti dei valori fondanti del nostro vivere civile.

Il D.Lgs. 104/2022 (c.d. “Decreto Trasparenza”), attuativo della Direttiva (Ue) 2019/1152, ha introdotto al D.Lgs. 26.05.1997, n. 152 ulteriori e specifici obblighi informativi per il datore di lavoro nel caso ricorra a sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati ai fini della gestione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti e mansioni, per la sorveglianza e valutazione sulle prestazioni dei lavoratori. Con provvedimento del 13.12.2022 il Garante privacy ha poi confermato che tali obblighi informativi si aggiungono a quelli previsti dal GDPR ed alle tutele previste dal regolamento UE per la protezione dei dati personali e dallo Statuto dei lavoratori.

L’impianto normativo suddetto costituisce allo Stato la barriera normativa nei confronti dei rischi che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale pone ai diritti, alle libertà fondamentali ed alla dignità del lavoratore nello specifico settore delle risorse umane. Di fronte ad una tecnologia in rapida evoluzione gestita dalle grandi compagnie private ha preso via l’iter del disegno di legge del Governo che ha come obiettivo, in conformità con le linee guida Europee, un utilizzo corretto e responsabile, caratterizzato dalla trasparenza e dalla dimensione antropocentrica.

Sul tema non si può negare che lo sviluppo di tale tecnologia consenta di avere un’efficienza organizzativa maggiore con minori costi per la rapidità nel risolvere problemi ben definiti; da qui la diffusione dei modelli d’intelligenza artificiale anche nel settore delle risorse umane, in particolare nelle diverse attività di reclutamento e valutazione del personale. Si pensi, ad esempio, all’individuazione e selezione dei candidati e ai programmi che consentono di esaminare e raffrontare i diversi “curricula vitae” scegliendo quelli più adatti ai profili richiesti. Si pensi, altresì, alla possibilità di avere informazioni precise per decidere gli avanzamenti di carriera o gli spostamenti o la pianificazione della forza lavoro nonché l’eventuale attività formativa necessaria per mantenere i livelli di professionalità conformi alle esigenze dell’azienda. Questi vantaggi, propri della nuova tecnologia, non devono preoccuparci in quanto strumenti che di per sé agevolano e migliorano il lavoro generando maggior produttività e benessere; ciò che invece ci deve allarmare è la mano umana che gestisce tali straordinarie capacità. Come dice Federico Faggin, “l’unica certezza dell’intelligenza artificiale è che non capisce ciò che decide”.

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Tali strumenti calcolano, ma ancora non pensano. In un settore delicato come quello delle risorse umane è opportuno rammentare che non si gestiscono numeri, ma persone, ciascuna con una propria coscienza e sensibilità. È importante, dunque, che colui che gestisce debba avere conoscenze informatiche per comprendere le logiche dei diversi algoritmi messi a disposizione dalla intelligenza artificiale, ma non si appiattisca su questi. A differenza dei programmi delle macchine che operano al meglio con dati ben definiti, la gestione del personale agisce su un terreno caratterizzato dall’instabilità, dall’imprevedibilità degli stati d’animo, qualità propria della persona umana.

La comprensione degli uomini nelle diverse situazioni e circostanze in cui operano all’interno di un’organizzazione è un elemento essenziale per decidere le soluzioni migliori e la totale mancanza di comprensione della natura dei sentimenti e delle emozioni dell’intelligenza artificiale comporta che nessun algoritmo potrà sostituire la decisione umana. Si pensi, ad esempio, nei colloqui di lavoro quanta influenza possa avere l’intuito, qualità prettamente umana dal carattere improvviso e istantaneo, nella scelta del miglior candidato e come questa sia in contrasto con l’operazione razionale propria dell’algoritmo della macchina selezionatrice.

L’algoritmo non può infatti cogliere le sensazioni che il colloquio interpersonale è in grado di suscitare tra le persone. Rimanendo sempre nell’ambito del reclutamento, appiattendosi sui dati dell’intelligenza artificiale, si possono configurare i rischi indiretti degli algoritmi dei programmi che, per esempio, favoriscono determinati candidati rispetto ad altri sulla base di identità sessuale, di lingua, religione, razza, opinioni personali e politiche. Così come si possono verificare rischi imprevisti derivanti dalla capacità di manipolare contenuti o generarne di ingannevoli. Proprio per evitare tali rischi è necessario tener presente l’importanza del controllo umano che deve bilanciare i vantaggi offerti dalle soluzioni dell’intelligenza artificiale con i diritti e la dignità del lavoratore preservando la privacy.

Sarà dunque importante, oltre all’intervento regolatore dello Stato che indirizzi in senso etico e responsabile tale tecnologia prevenendo e mitigando abusi ed usi impropri dei processi decisionali automatizzati, fornire una adeguata formazione a tutti i lavoratori coinvolti in questa ulteriore tappa dell’evoluzione umana.

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