Altre imposte indirette e altri tributi
17 Luglio 2024
È esente da imposta di successione ex art. 3, c. 4-ter D.Lgs. 346/1990, il caso in cui il beneficiario detiene già quote sociali, che sommate a quelle ricevute per successione integrano il requisito del controllo di cui all’art. 2359 c.c.
La sentenza n. 18732/2024 della Corte di Cassazione affronta il tema dell’esenzione dall’imposta di successione nell’ambito del passaggio generazionale dell’imprenditore; tema che è stato oggetto di notevole dibattito giurisprudenziale nel corso degli ultimi anni.
L’Agenzia delle Entrate, nel caso di specie, aveva negato l’esenzione dall’imposta di successione a 2 contribuenti che avevano ricevuto in comunione ereditaria una porzione di quote di una società e avevano fruito delle disposizioni di cui all’art. 3, c. 4-ter D.Lgs. 346/1990, in quanto tali quote, sommate a quelle già in precedenza detenute singolarmente da ciascuno (dunque non in comunione), consentivano di integrare il requisito del controllo di cui all’art. 2359 c.c.
Appare utile, prima di analizzare il contenuto della sentenza, ricordare che il citato art. 3 prevede che il beneficio dell’esenzione:
In entrambi i gradi di giudizio di merito venivano accolte le censure dei contribuenti e dunque l’Amministrazione Finanziaria ricorreva per Cassazione.
La sentenza di legittimità è interessante in quanto legittima l’esenzione di cui all’art. 3 nel particolare caso in cui viene integrato il requisito del controllo sommando le quote detenute in proprio da ciascuno dei singoli soci, con quelle successivamente ereditate in comproprietà.
I giudici, in particolare, richiamano la sentenza della Cassazione n. 7429/2021 e affermano che in tema di imposta sulle donazioni, l’esenzione di cui all’art. 3, c. 4-ter D.Lgs. 346/1990 per i patti di famiglia aventi a oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali a favore dei discendenti, va riconosciuta nei casi in cui consente agli aventi causa l’acquisizione o l’integrazione del controllo della società e a condizione che questi ultimi si impegnino, per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento, a proseguire l’esercizio dell’attività.
Nel caso di trasferimento a più discendenti in comproprietà, il beneficio deve essere riconosciuto a condizione che i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabile nell’assemblea ordinaria, essendo così realizzato l’effettivo passaggio generazionale dell’impresa mediante trasferimento del controllo di diritto dai disponenti ai discendenti.
La presenza di una comunione ereditaria di azioni non impedisce certamente il controllo della società ai detentori delle quote. La norma non distingue, infatti, il tipo di comunione e non richiede una corrispondenza soggettiva perfetta (comunione ereditaria di azioni e singoli soci) per il controllo della società.