Diritto privato, commerciale e amministrativo

15 Luglio 2024

Ingiusta detenzione e diritto all’equo compenso

L’imputato sottoposto a misura cautelare ha diritto a un’equa riparazione qualora venga assolto, sempre che non vi abbia dato causa o concorso a darvi causa con una condotta colposa o gravemente colposa.

Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o il fatto non costituisce o non è previsto dalla legge come reato ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita. La domanda di riparazione deve essere proposta a pena di inammissibilità avanti alla Corte d’Appello entro 2 anni dall’irrevocabilità della sentenza ai sensi degli artt. 314 e 315 c.p.p.

La giurisprudenza ha chiarito che costituisce causa impeditiva all’accesso alla riparazione per ingiusta detenzione l’avere l’interessato dato causa, per dolo o colpa grave, all’instaurazione o al mantenimento della custodia cautelare.

Il giudice della riparazione al fine di valutare la sussistenza o meno del diritto all’indennizzo ha il diritto-dovere di acquisire ed esaminare con piena e ampia libertà il materiale acquisito nel processo penale, al fine di controllare la ricorrenza, o meno, delle condizioni dell’azione. L’ingiusta detenzione non conduce automaticamente all’indennizzo spettando al giudice una serie di accertamenti e valutazioni da condurre in piena autonomia e con l’ausilio di criteri diversi da quelli dettati dalla legge del giudice penale.

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