Bandi, agevolazioni, bonus, contributi a fondo perduto
12 Agosto 2022
Profilo patrimoniale e reddituale del beneficiario e sproporzione tra lavori e valore dell’immobile. Questi gli indicatori che potrebbero portare al blocco delle cessioni dei crediti fiscali.
Gli indici di rischiosità dei crediti fiscali elaborati dall’Agenzia delle Entrate bloccano le cessioni. Più in dettaglio sono 2 gli indicatori di rischio indicati nella recente circolare n. 23/E/2022 che stanno mettendo a repentaglio le già tormentate operazioni di cessione: il profilo patrimoniale e reddituale del beneficiario e la sproporzione fra lavori effettuati e valore dell’immobile oggetto di intervento.
Occorre peraltro evidenziare che i 2 indicatori di rischio elaborati dalle Entrate sono totalmente estranei alle disposizioni legislative che regolano i meccanismi di spettanza dei benefici fiscali legati alle spese per ristrutturazione edilizia sia a quelle che disciplinano le cessioni a terzi dei crediti stessi.
Per comprendere meglio quanto evidenziato basta analizzare il primo indice di pericolosità fiscale che secondo l’Agenzia delle Entrate potrebbe far configurare la responsabilità del cessionario dei crediti, ossia la c.d. “incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l’oggetto dei lavori asseritamente eseguiti e il profilo dei committenti beneficiari delle agevolazioni in esame”.
Secondo tale definizione si dovrebbero infatti qualificare come potenzialmente rischiosi tutti gli interventi in cui l’importo dei lavori non sia coerente con il profilo patrimoniale e reddituale del beneficiario della detrazione.
Si tratta di un indicatore non in linea con il perimetro delle norme agevolative che, fin da subito, hanno consentito l’accesso alla cessione del credito o allo sconto in fattura anche ai c.d. “incapienti” (contribuenti che possiedono redditi limitati, come tali non in grado di assorbire le detrazioni fiscali in oggetto) e che, in quanto tali, si trovano nelle condizioni di sproporzione messe in evidenza dalla suddetta circolare.
A tale ultimo proposito occorre anche evidenziare che, nell’apposizione del visto di conformità, su tali tipologie di crediti nessuna verifica è stata fatta, perché non prevista dalla legge, sull’entità dei requisiti reddituali e patrimoniali dei beneficiari stessi.
Oltre a tali aspetti bisogna anche evidenziare che un tale indice di rischio risulta anche di difficile applicazione pratica. Per il potenziale acquirente di un bonus fiscale di tale tipo risulta infatti difficile, se non impossibile, indagare sulla capacità patrimoniale e reddituale del terzo beneficiario.
Passando all’altro elemento indice di pericolosità fiscale individuato nella suddetta circolare n. 23/E, “la sproporzione tra l’ammontare dei crediti ceduti e il valore dell’unità immobiliare”, siamo in presenza, per l’ennesima volta di un indice del tutto avulso dall’impianto normativo che regola sia la spettanza dei bonus fiscali sia la cessione degli stessi.
Le uniche limitazioni previste dalla legge riguardano infatti il tetto massimo alla spesa per le varie tipologie di interventi da effettuare e la conformità dei costi rispetto a specifici tariffari ai quali gli asseveratori dovranno fare riferimento.
Nessuna disposizione normativa tira in ballo il valore dell’immobile oggetto degli interventi agevolabili come parametro da verificare o rispettare. Siamo dunque nuovamente in presenza di un indicatore di rischio che l’Agenzia delle Entrate estrapola senza fornire alcun riferimento concreto e senza indicare una qualche fonte normativa che lo giustifichi.
Sulla base delle considerazioni sopra formulate è dunque evidente che i 2 indici di rischiosità fiscale elaborati dall’Agenzia delle Entrate sono del tutto fuori dal contesto normativo di riferimento, nonché sproporzionati e di non facile applicazione pratica.
Il problema è che gli stessi hanno però creato grande apprensione negli operatori (banche in primis), contribuendo in maniera decisiva al blocco delle cessioni che, a tutt’oggi, costituisce uno dei principali problemi da risolvere.