L’indennità di maternità, quale provento conseguito in sostituzione del reddito, e le altre indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti, ai sensi dell’art. 6 Tuir.
Perciò, a seconda dell’occupazione della lavoratrice, queste voci andranno così indicate:
– nel
quadro RE per le lavoratrici autonome, al rigo RE3
“altri proventi” e assoggettate normalmente a
ritenuta d’acconto che andrà nel rigo RE26;
– nel
quadro RC, sezione I
per le dipendenti;
– nel
quadro RF (rigo RF2) o RG (rigo RG10
“altri componenti positivi”) per le
imprenditrici individuali rispettivamente in ordinaria o in semplificata;
– nel
quadro LM per le contribuenti
minime o forfettarie (rigo LM2)
Con riferimento a tale ultimo caso, si ricorda che, come chiarito dalla circolare 30.05.2012, n. 17, par. 6.1.1,
lett. b), l’indennità di maternità (e l’eventuale contributo a sostegno della maternità) per la contribuente minima o forfettaria costituisce sì reddito tassabile da assoggettare a imposta sostitutiva, ma non è da considerare per la verifica dei limiti reddituali di accesso/permanenza nel regime (per esempio,
30.000 euro per i minimi). Pertanto, continuando nel nostro esempio, la professionista nel regime dei minimi che abbia conseguito compensi per 29.000 euro e un’indennità di maternità di 5.000 euro, non uscirà dal regime per superamento della soglia, ma dovrà assoggettare all’imposta sostitutiva del 5% i 34.000 euro.
L’indennità di maternità viene poi riconosciuta anche alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS nei casi di
adozioni o affidamenti preadottivi. Di recente è uscita la circolare 20.02.2018, n. 66 dell’INPS, specificando che a queste lavoratrici è riconosciuta un’indennità di maternità per un periodo di
5 mesi decorrenti dall’ingresso in famiglia anche per i minori di età superiore a 6 anni al momento dell’adozione o affidamento preadottivo (in precedenza era stabilito appunto il limite dei 6 anni) e spetta per l’intero importo anche se il minore raggiunge i 18 anni durante il periodo indennizzabile.
È stato poi chiarito che in caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale, il periodo indennizzabile è di 5 mesi e un giorno e decorre dall’ingresso in Italia del minore (e non più dall’ingresso in famiglia) e anche in tale caso l’indennità è corrisposta per l’intero, anche se il minore raggiunge i 18 anni nel periodo indennizzabile. Anche in questi casi di adozione/affidamento, l’indennità di maternità costituisce reddito della stessa categoria di quello sostituito, pertanto l’INPS è tenuto a operare la ritenuta alla fonte all’atto di pagamento, così come afferma il punto 6 della circolare citata.