Società e contratti
24 Agosto 2024
Ordinanze nn. 20591 e 20613/2024 d4ella Cassazione: le delibere dei compensi agli amministratori prevalgono rispetto al ricorso a consulenze professionali.
Il 24.07.2024 la Corte di Cassazione ha emesso 2 ordinanze (n. 20591 e n. 20613) che, oltre a destare qualche perplessità, segnano una stretta significativa sulle consulenze fornite dagli amministratori, con implicazioni potenzialmente rilevanti anche per i professionisti del settore. Queste pronunce si inseriscono in un contesto giurisprudenziale sempre più attento alla trasparenza e alla correttezza delle relazioni tra amministratori e società.
Le 2 ordinanze della Cassazione intervengono in modo deciso su una questione chiave: la deducibilità delle consulenze rese dagli amministratori di società. Ribadiscono, in primis, l’orientamento ormai consolidato secondo il quale i compensi corrisposti agli amministratori, in assenza di previsione statutaria o di una preventiva delibera assembleare che ne determini l’ammontare, sono indeducibili.
Tuttavia, nei casi di specie, non si trattava di compensi amministratori, quanto di servizi di consulenza resi a favore delle società in virtù di specifici contratti.
La Suprema Corte ha affermato che, ai fini della deducibilità dei “compensi” corrisposti agli amministratori di società di capitali ex artt. 2389 e 2364 c.c., è necessaria, in alternativa alla previsione statutaria, una preventiva delibera assembleare, senza che vi sia la possibilità di aggirare tali norme facendo ricorso a contratti di consulenza di prestazione intellettuale prestata dagli amministratori nei confronti delle società di capitali amministrate. Pronunce però dissonanti rispetto a precedenti assunti della Cassazione: si veda, tra le altre, Cass. n. 15822/2016, secondo cui la remunerazione di una specifica attività afferente all’oggetto sociale è cosa diversa rispetto ai compensi agli amministratori erogati ex art. 2389 c.c. e che pertanto i relativi costi vanno dedotti in base al principio di competenza. A nulla osta il fatto che la consulenza viene svolta da un amministratore piuttosto che da un professionista esterno.
E se, come spessissimo accade, all’interno di un consiglio di amministrazione vi fosse un professionista abilitato iscritto a un albo, ad esempio un avvocato, che rappresenta la società in giudizio? Dovrebbe esservi una preventiva delibera assembleare funzionale a definire la certezza del costo?
Ecco che, qualora le 2 ordinanze in commento dovessero avere un seguito e non venissero rubricate solo come “incidente di percorso” della Cassazione, si avrebbe un’inutile complicazione per il funzionamento della società, un aumento della complessità gestionale e un incremento dei contenziosi in materia.