IVA
04 Dicembre 2023
L’art. 5, c. 1, lett. h) L. 111/2023 (delega di riforma fiscale) prevede l’introduzione di una specifica disciplina per il trattamento fiscale delle plusvalenze conseguite dai collezionisti di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione al di fuori di un’attività d’impresa.
Ad oggi il Tuir non disciplina specificamente il trattamento fiscale da applicare alle cessioni di opere d’arte ai fini delle imposte sui redditi. In assenza di una specifica normativa, la prassi ministeriale e la giurisprudenza (in particolare si veda la pronuncia della Cassazione n. 6874/2023) hanno previsto un diverso trattamento fiscale in funzione del soggetto interessato dalla vendita delle opere d’arte, ovvero:
È considerato mercante d’arte (con conseguente tassazione della relativa attività in qualità di “reddito d’impresa” ex art. 55 Tuir) colui che professionalmente e abitualmente esercita il commercio di oggetti d’arte allo scopo ultimo di trarre un profitto dall’incremento del valore delle medesime opere.
Tra gli elementi di valutazione idonei a dimostrare la sistematicità e la professionalità dell’attività d’impresa sono stati individuati i seguenti:
Viceversa, il collezionista è stato identificato in colui che colleziona (e quindi acquista e conserva) opere d’arte allo scopo di soddisfare il suo gusto estetico, ovvero senza l’intento di rivendere le stesse per generare plusvalenze.
Infine, lo speculatore occasionale è stato differenziato dal mercante d’arte per il fatto che la relativa attività svolta è priva del requisito dell’abitualità; pertanto, i relativi profitti sono stati classificati tra i redditi diversi (ex art. 67, c. 1, lett. i) del Tuir) in quanto derivanti da una “attività commerciale non esercitata abitualmente” (in sostanza, per effetto di questo orientamento, è considerata tassata l’operazione di colui che compra e rivende un’opera d’arte con finalità speculative).
Al riguardo, anche la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che se la compravendita di oggetti di antiquariato genera un importo rilevante, il requisito della frequenza è trascurabile e l’operazione ha rilievo ai fini fiscali.
Nonostante, come visto al precedente paragrafo, nel corso del tempo siano stati individuati, a livello giurisprudenziale, diversi criteri per distinguere varie casistiche che interessano la cessione delle opere d’arte, il corretto inquadramento delle singole condotte presenta ancora oggi profili di incertezza soprattutto per gli ampi margini di discrezionalità nelle relative valutazioni. In questo contesto, l’art. 5, c. 1, lett. h) L. 111/2023 (c.d. legge delega di riforma fiscale) ha introdotto una specifica disciplina per regolare il trattamento fiscale delle plusvalenze conseguite al di fuori dall’esercizio di attività d’impresa, dai collezionisti di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione. In particolare, come chiarito dalla relazione di accompagnamento, la finalità di questa disposizione è quella di:
I principi cardine previsti dalla legge delega dovranno essere attuati attraverso l’emanazione di appositi decreti legislativi (quest’ultimi, in particolare, dovranno individuare il momento in cui potrà considerarsi soddisfatto l’intento speculativo nella cessione da parte del collezionista); fino a quel momento la definizione dei risvolti fiscali derivanti dalle cessioni delle opere d’arte dovrà continuare a basarsi sui principi elaborati fino ad oggi dalla giurisprudenza.
Infine, per completezza si segnala che, nel recepire la Direttiva UE 5.04.2022, n. 2022/542 (finalizzata alla riorganizzazione a livello europeo dell’Iva), l’art. 7 della legge delega prevede altresì: