Diritto privato, commerciale e amministrativo
14 Ottobre 2024
L’impugnazione penale prevede la necessità per il difensore di munirsi di apposito mandato da parte dell’imputato rimasto assente nel processo, qualora lo stesso sia stato difeso da un legale d’ufficio e della necessità dell’elezione di domicilio dell’assistito.
La riforma Cartabia (D.Lgs. 10.10.2022, n. 150) aveva introdotto tre commi all’art. 581 prevedendo nel c. 1-ter che con l’atto di impugnazione il difensore dovesse depositare, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio della parte, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio e nel c. 1-quater che, nel caso di imputato giudicato in assenza, il difensore dovesse depositare altresì il mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza unitamente alla sua elezione di domicilio.
Detti commi sono stati ora modificati ulteriormente con L. 9.08.2024, n. 114 che ha abrogato il c. 1-ter, mantenendo la previsione del c. 1-quater nei confronti del solo difensore d’ufficio.
La giurisprudenza era già intervenuta a circoscrivere la portata dell’improcedibilità prevista dal c. 1-ter, ritenendo che fosse superflua la disposizione nei confronti degli appellanti detenuti in carcere al momento della proposizione del gravame, posto che tale adempimento sarebbe stato comunque privo di effetto, in ragione della vigenza dell’obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell’imputato detenuto (Cass. Pen. 13.09.2023, n. 38422). Eccezione ritenuta altresì estensibile anche all’appellante detenuto “per altra causa” (Cass. Pen. 9.01.2024, n. 4342).
L’estensione dell’operatività dell’art. 581, c. 1-ter c.p.p. anche all’imputato detenuto si sarebbe infatti posta in contrasto con l’art. 3 Cost., che impone di disciplinare con ragionevole differente previsione normativa situazioni diseguali, e anche con l’art. 6 della CEDU, che stabilisce il principio fondamentale del diritto di accesso effettivo alla giustizia per le decisioni relative al “merito di qualsiasi accusa penale” in qualsiasi tipo di giudizio e che richiede che i giudici, nell’applicare le relative norme procedurali, “evitino un eccesso formalismo che pregiudicherebbe l’equità del procedimento”.
Con sentenza 26.09.2024, n. 36036 la Suprema Corte era inoltre giunta a estendere l’orientamento previsto al detenuto in carcere anche all’imputato appellante sottoposto a un regime detentivo domiciliare e anche nel caso in cui la detenzione fosse disposta per altro procedimento, in conformità con l’orientamento delle Sezioni Unite secondo cui “le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio”.
La recente modifica legislativa estiva, con l’abrogazione dell’articolo citato, ha tolto il formalismo sopra previsto nel caso in cui l’imputato abbia partecipato al processo, conservando però l’inammissibilità processuale in caso di imputato regolarmente citato in primo grado, ma rimasto assente nel processo penale che lo riguardava, e per il solo caso in cui lo stesso fosse assistito da un difensore d’ufficio. Si è mantenuta così la complicazione di eventuali appelli della difesa d’ufficio, che spesso ha un rapporto non immediato e comunque difficoltoso con il proprio assistito, non sempre così celere nel rilascio di firme e dichiarazioni, come le ristrette tempistiche processuali imporrebbero. Si deve comunque ritenere che, fermo restando la necessità del rilascio di specifico mandato a impugnare al difensore d’ufficio, possa valere anche per l’assistito dal legale d’ufficio l’orientamento sopra espresso in merito all’elezione di domicilio in caso di detenzione.