Accertamento, riscossione e contenzioso
26 Novembre 2020
La Cassazione, con la sentenza 15.10.2020, n. 22356, conferma la possibilità di ricorrere davanti al giudice tributario contro un avviso bonario.
Gli atti autonomamente impugnabili davanti al giudice tributario sono elencati nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992. Si è dibattuto a lungo sulla natura tassativa di tale elenco, posto che l’evoluzione normativa ha creato una serie di atti non inclusi tra quelli autonomamente impugnabili, ma che presentano peculiarità che farebbero propendere per la loro natura impositiva e pertanto indice di possibile impugnabilità. Il tenore letterale della norma fa ritenere che l’elenco sia tassativo, tuttavia la categoria residuale (“ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie”) lascia aperto il dibattito.
L’autonoma impugnabilità della comunicazione di irregolarità della dichiarazione dei redditi (il cosiddetto avviso bonario), emessa in seguito a un controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis D.P.R. 600/1973, è stata oggetto di un ampio dibattito in giurisprudenza. Come noto, tale comunicazione deve precedere l’eventuale emissione della cartella di pagamento, che rientra invece nel novero degli atti autonomamente impugnabili previsti dal citato art. 19. Lo scopo di tale comunicazione è duplice: mettere a conoscenza il contribuente di una futura pretesa impositiva e di consentirgli di correggere eventuali errori o omissioni, ottenendo una riduzione della sanzione; oppure fornire eventuali dati o informazioni dei quali il Fisco non ha tenuto conto. Il percorso della giurisprudenza è lungo e tortuoso, tuttavia, la Corte di Cassazione sembra avere preso un indirizzo costante.
Il caso in commento trae origine dal ricorso contro una comunicazione di irregolarità della dichiarazione dei redditi proposto da una fondazione, accolto in primo grado e respinto in appello, limitatamente alla questione in commento. La Corte di Cassazione, con sentenza 15.10.2020, n. 22356, ha accolto il ricorso proposto dal contribuente nella parte in cui afferma che l’avviso bonario ricevuto costituisce un atto autonomamente impugnabile. Secondo i giudici, la decisione impugnata si pone in contrasto con il consolidato indirizzo interpretativo espresso dalla Suprema Corte: “In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992 ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della pubblica amministrazione, ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza il contribuente di una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa”. La Suprema Corte, quindi, superando il tenore letterale della norma, fa prevalere il requisito della sostanza sulla forma, in forza dei richiamati principi costituzionali e allineandosi ad altre recenti pronunce (ord. n. 25297/2014; sent. n. 15957/2015; ord. n. 3315/2016).
Non sono mancate in passato pronunce di segno opposto: si richiamano a titolo esemplificativo le sentenze delle Sezioni Unite n. 16293/2007 e 16428/2007. Possiamo però affermare che, stante l’orientamento più recente della Corte di Cassazione, si sta profilando un indirizzo ormai consolidato.