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23 Agosto 2022
Il rapporto di co-branding è inquadrabile nei cd. accordi con funzione pubblicitaria, costituendo l’elemento promozionale parte caratterizzante della causa.
Nella società della comunicazione, diventa sempre più impellente l’esigenza non solo di creare sinergie (produttive o commerciali) tra aziende ma anche di valorizzare tali sinergie nella comunicazione al pubblico, con la conseguente valorizzare dei brand oggetto di sinergia. Lo strumento giuridico utilizzato a tal fine è l’accordo di co-branding, un contratto atipico con il quale 2 o più imprese disciplinano sia la relazione (orizzontale o verticale) che intendono creare che l’uso congiunto dei rispettivi segni distintivi.
Elemento caratterizzante è, dunque, la comunicazione relativa ai brand coinvolti attraverso una regolamentazione dettagliata delle modalità con cui tale comunicazione debba avvenire. Il fenomeno del co-branding ha invero diverse sfaccettature sostanziandosi, comunque, in una licenza reciproca di marchio che, in alcuni casi, si configura come esplicitazione del rapporto sottostante tra le parti; in altri, come promozione di una o più iniziative commerciali congiunte.
Nel presente articolo, concentreremo l’attenzione in particolare sul cd. co-branding funzionale, ossia l’accordo in cui la co-denominazione è consustanziale al rapporto sottostante: laddove, infatti, il contratto si limita a disciplinare esclusivamente la comunicazione al pubblico di 2 o più brand, ci si trova di fronte a forme di co-promotion o co-advertising, in cui la causa del contratto è costituita dalla mera promozione dei segni coinvolti, restando sostanzialmente irrilevante o, comunque, solo eventuale il rapporto sottostante (il cd. co-branding simbolico).
Nel contratto di co-branding funzionale, invece, la finalità promozionale, per quanto essenziale, è comunque connessa alla relazione sottostante (“Rapporto Portante”) che ha causa diversa ed autonoma rispetto alla promozione dei brand. Il caso tipico è quello del contratto che disciplina la commercializzazione di un prodotto di marca sulla cui confezione viene riprodotto, oltre al marchio del produttore (“Marca Ospitante”), anche quello di uno o più fornitori (“Marche Ospitate”). L’accordo in esame è dunque un contratto a causa mista in cui la causa tipica del Rapporto Portante è integrata dalla finalità promozionale che assume rilievo essenziale, tanto da incidere sullo stesso Rapporto Portante laddove tale finalità venga frustrata.
La licenza rappresenta il cuore dell’accordo di co-branding. Tale sezione, in genere, è estremamente articolata e, oltre a prevedere nel dettaglio i segni concessi in uso ed i prodotti/attività cui associare tali segni distintivi con quelli della controparte, specifica: (i) la durata del rapporto in funzione del raggiungimento dello scopo condiviso; (ii) eventuali limitazioni sia per il licenziante che per il licenziatario al fine di assicurare il successo dell’iniziativa promozionale; (iii) l’esistenza di esclusive (merceologiche, territoriali o di settore); (iv) eventuali impegni di non concorrenza; e (v) modalità di tutela dei marchi e procedure per la tutela di nuovi segni distintivi utilizzati per o durante il rapporto di co-branding.
All’interno della sezione in esame sono spesso dettate le regole per la presentazione e commercializzazione dei beni/servizi oggetto del contratto, fra cui quelle per la realizzazione del packaging (con la relativa procedura di approvazione), per l’associazione dei brand nelle singole iniziative e le regole per la definizione del budget e la ripartizione dei costi connessi a tali iniziative.