Accertamento, riscossione e contenzioso
02 Ottobre 2024
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 26.09.2024, n. 25750, si è pronunciata sulla rilevanza indiziaria dei disavanzi di cassa ritenendoli idonei a supportare da soli la presunzione di ricavi evasi.
A fronte della sentenza di appello che accoglieva il ricorso del contribuente, il giudice di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo d’impugnazione erariale atteso che la motivazione del giudice di appello, privando di rilievo l’accertata sussistenza di saldi di cassa negativi e attribuendo all’Ufficio un onere probatorio ulteriore, viola il principio di diritto reiteratamente affermato dalla Corte secondo il quale: “in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini Irpef e Iva, ai sensi degli artt. 39 D.P.R. 600/1973 e 54 D.P.R. 633/1972, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura pari almeno al disavanzo. Principio ragionieristico, di portata generale, per il quale la chiusura in rosso di un conto di cassa significa che le voci di spesa sono entità superiore agli introiti” (in tal senso anche Cass. 26.03.2020, n. 7538).
A ulteriore supporto il giudice di Cassazione ritiene che si debba ulteriormente considerare che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora la verifica si fondi sull’indagine dei conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è rappresentato, secondo l’art. 32 D.P.R. 600/1973, dai soli dati ed elementi risultanti dai predetti conti, venendosi a determinare un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dare una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cass. 29.01.2024, n. 2928).