Quando effettuiamo una vendita nei confronti di una controparte estera, può accadere di ricevere un pagamento ridotto a causa di tasse e imposte locali. Questo, perché l’ordinamento del Paese della controparte potrebbe applicare un’imposta sui pagamenti in uscita. Il fenomeno non è inusuale nel commercio internazionale. Anche l’Italia esige l’applicazione di una ritenuta su determinati pagamenti a fornitori esteri, prevalentemente royalties, ma anche sui redditi da lavoro e prestazioni personali in genere. Gli ordinamenti diversi dall’Italia possono prevedere l’applicazione di ritenute anche su fonti di reddito diverse, fino a colpire ogni tipo di pagamento per servizi ricevuti dall’estero.
Due cose importanti da ricordare. La prima è che l’Italia ha stipulato con i principali partner commerciali apposite convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni che riducono o eliminano le ritenute. La seconda è che i regimi impositivi dei Paesi più avanzati tengono conto dell’imposizione subita all’estero, nel calcolo delle tasse dovute al locale erario. E’ anche il caso dell’Italia, che ammette a certe condizioni (applicazione a specchio) ed entro certi limiti, un
credito per le imposte estere.
In ogni caso a nessuno piace pagare le tasse, ancor di meno se queste tasse sono dovute a un ordinamento straniero e se duplicano tasse locali.
Queste circostanza sono fonte di tensione tra clienti e fornitori, a maggior ragione quando le trattenute non sono attese. Meglio allora regolare preventivamente la questione.
Chi riceve il pagamento dovrebbe inserire nel contratto una
Gross Up clause, a meno che sia certo di potere poi recuperare la ritenuta estera (witholding tax) dal proprio carico fiscale locale. La clausola prevede che i pagamenti ricevuti in adempimento del contratto devono essere netti da ogni deduzione per tasse, imposte, dazi o altre voci simili. La clausola stabilirà che, nel caso la ritenuta sia imposta per legge, l’importo dovuto dovrà essere aumentato di modo che, dopo la deduzione, l’importo netto risulti ancora quello pattuito. Per esempio un pagamento di 1.000 soggetto a una ritenuta del 15% dovrà essere aumentato a 1.176, cioè 1.000: (1-15%).
Chi paga, invece, ha interesse a che la ritenuta sia contenuta nel minore importo compreso tra quello previsto in base alla legislazione domestica e quello previsto in base alla convenzione. Per tale ragione, è corretto specificare che la maggiorazione sarà applicata secondo la
ritenuta convenzionale, se più vantaggiosa. In tal caso, il fornitore si impegnerà a fornire quanto necessario in base alla normativa del Paese nel quale risiede il cliente. In genere è sufficiente un certificato di residenza fiscale rilasciato dall’autorità fiscale locale (Agenzia delle Entrate per l’Italia).
La
fattura, infine, dovrà recare l’importo maggiorato della ritenuta. Tale valore sarà anche la base per l’applicazione dell’IVA italiana.