Imposte dirette
02 Dicembre 2022
Sebbene sia un contratto a titolo oneroso, non è esclusa la possibilità di accordi di prestazione gratuita, in quanto l’onerosità è un elemento materiale, ma non essenziale dei contratti di prestazioni d’opera intellettuale.
In un momento storico di rapidi mutamenti come è quello attuale, a seguito dell’epoca pandemica e post pandemica, il giurista è chiamato a “rileggere” le categorie professionali tradizionali per individuare la figura del “professionista intellettuale” alla quale, del resto, il Legislatore ha attribuito una pluralità di significati. Tuttavia, la proliferazione di nuove realtà lavorative, dovuta alla rapida trasformazione socioeconomica, rende difficoltoso individuare una definizione univoca.
Il contratto d’opera intellettuale ha come elemento naturale l’onerosità della prestazione; normalmente, il diritto al compenso spetta anche in mancanza di espressi riferimenti nella formulazione del contratto, dovendo essere invece l’eventuale gratuità oggetto di specifica pattuizione.
La presunzione di onerosità discende dall’interesse a ottenere un compenso, interesse che caratterizza anche il libero professionista, in quanto facente parte del mondo del lavoro. L’onerosità costituisce un elemento normale del negozio giuridico in oggetto, non essenziale; non può essere considerata un limite di ordine pubblico all’autonomia negoziale delle parti, le quali possono prevedere espressamente la gratuità del contratto.
La facoltà di eseguire a titolo gratuito le prestazioni intellettuali è stata riconosciuta, da tempo, dalla giurisprudenza di legittimità. Le decisioni della Corte di Cassazione muovevano, non tanto dalla natura tradizionalmente liberale della professione intellettuale, quanto, piuttosto, dalla sua attrazione nella sfera del lavoro autonomo. Secondo i giudici di legittimità, come qualunque altro lavoratore autonomo, il professionista intellettuale può prestare gratuitamente la sua assistenza, purché, naturalmente, sussista un elemento causale che sorregga la struttura sinallagmatica del contratto. Al professionista è consentita la prestazione gratuita della sua attività professionale per i motivi più vari, anche riguardo a un vantaggio personale e indiretto.
Di particolare interesse è senz’altro il documento 31.12.2017 della Fondazione Nazionale dei Commercialisti, avente titolo “L’accertamento delle prestazioni rese a titolo gratuito dal professionista”, dove viene evidenziato, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che “l’onerosità costituisce un elemento normale del contratto d’opera intellettuale, ma non essenziale, ai fini della sua validità”; è quindi “consentita al professionista la prestazione gratuita della sua attività professionale per i motivi più vari e che possono consistere nell’affectio o nella benevolentia, o in considerazioni di ordine sociale o di convenienza, anche con riguardo ad un personale ed indiretto vantaggio… Peraltro, la circostanza che non sia irragionevole che un professionista effettui prestazioni a titolo gratuito è stata espressamente riconosciuta, anche dalla stessa Amministrazione Finanziaria nella circolare 28.09.2001, laddove, a commento dei controlli da espletare nei confronti delle diverse tipologie di contribuenti, è stato affermato, con riguardo alle attività professionali di studi legali e notarili, che la gratuità delle prestazioni può essere considerata verosimile nei confronti di parenti o di colleghi-amici”.
Con la pronuncia fondamentale della sentenza 28.10.2015, n. 21972 la Corte di Cassazione Civile, sezione V, è stata definita una linea di demarcazione, essendosi consolidato il medesimo orientamento (salvo alcuni casi) nella successiva giurisprudenza di legittimità. Il giudizio aveva come oggetto la trattazione di un accertamento ai fini Irpef, Irap e Iva, effettuato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un consulente fiscale, per non aver fatturato 72 prestazioni inerenti all’invio telematico delle dichiarazioni. Il consulente, con la propria strategia difensiva, ha sostenuto che parte delle prestazioni erano state rese a parenti e amici. Inoltre, per il 70% dei soggetti che avevano usufruito della gratuità delle prestazioni rese dal professionista, il relativo compenso era compreso in quello pertinente la tenuta della contabilità delle società ad essi riferibili. I giudici hanno confermato la pronuncia della Corte d’Appello, secondo cui, stante la condizione della corretta tenuta della contabilità da parte del contribuente, è plausibile la gratuità delle prestazioni rese dal professionista, in considerazione dei rapporti di parentela e di amicizia con gli stessi clienti, nonché dell’aspetto che alcuni di tali clienti erano soci di società di persone “la cui contabilità era affidata alle cure del contribuente, per cui ogni eventuale compenso rientrava in quello già corrisposto dalla società di appartenenza”. In sintesi, secondo la Cassazione, è verosimile “che un professionista possa svolgere parte della propria attività senza percepire alcun compenso, per motivi di amicizia, parentela e di mera convenienza”.
Appurato che il contratto d’opera intellettuale può essere stipulato anche a titolo gratuito, è intuitivo individuare il profilo della responsabilità del professionista, tenuto a rispondere dell’inadempimento o inesatto adempimento in base ai principi della responsabilità contrattuale. Secondo l’art. 1218 c.c., “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. La norma mira espressamente a garantire la tutela sostanziale della posizione creditoria; infatti, trova applicazione il principio della presunzione della colpa, spettando all’attore/creditore solo l’onere della prova dell’inadempimento e dell’entità del danno. In contrapposizione, al debitore, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio, spetterà dimostrare la sopravvenuta impossibilità della prestazione, per cause a lui non imputabili.
Un ulteriore profilo da sottolineare circa il regime giuridico della responsabilità contrattuale riguarda la prescrizione e il danno risarcibile. All’illecito contrattuale si applica l’art. 2946 c.c. che prevede il termine ordinario di decorrenza decennale, salvo i tempi più brevi previsti per specifiche tipologie di contratti. Come noto, il Codice Civile prevede fattispecie tipiche in cui la gratuità della prestazione comporta l’attenuazione della responsabilità del soggetto che agisce. Nel silenzio della giurisprudenza di legittimità ci si chiede cosa si intenda per attenuazione di responsabilità: pare preferibile limitare la sfera dell’inadempimento contrattuale alle sole ipotesi di colpa grave, tenendo però conto che, qualora questa sussista, il professionista dovrebbe poi rispondere di tutti i danni, anche se derivanti da disattenzioni più lievi.
Occorre predisporre un incarico professionale in cui viene espressamente prevista la gratuità di alcune prestazioni “facili” nei confronti del cliente, unitamente a una dichiarazione scritta del cliente medesimo in cui conferma di fruire della prestazione gratuita (o di alcune prestazioni gratuite) del professionista, ad esempio, poiché legati da vincoli di parentela. A parere di chi scrive, a corredo, pur non essendone previsto l’obbligo, si potrebbe emettere la parcella con indicato il compenso lordo, quale tariffa normalmente praticata dal professionista in casi simili, portando tale compenso in decurtazione per la quasi totalità dell’importo, residuando 0,01 centesimi di euro quale saldo della parcella. Ciò, anche per disporre della maggiore documentazione possibile da fornire alla compagnia di assicurazione, per la polizza RC professionale, al verificarsi di un sinistro per il quale il cliente potrebbe richiedere il risarcimento del danno.