Procedure concorsuali
16 Maggio 2024
Tra la documentazione da allegare al piano di concordato il legislatore ha previsto che l’attestatore dichiari la fattibilità del piano proposto ai creditori.
Il giudizio di fattibilità si configura come una valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati attesi riportati nel piano in ragione e sulla base dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio dell’attestazione. Come confermato anche dalle Sezioni Unite della Corte Cassazione (sentenza 23.01.2013, n. 1521) la fattibilità consiste nella “prognosi circa la possibilità di realizzazione della proposta, il che implica un’ulteriore distinzione, nell’ambito del generale concetto di fattibilità, fra fattibilità giuridica e fattibilità economica”.
Sul tema della fattibilità del piano, i “Principi di attestazione dei piani di risanamento” approvati nel dicembre 2020 dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e predisposti da AIDEA (Accademia Italiana di Economia Aziendale) prevedono che l’attestatore valuti “la fondatezza delle ipotesi alla base del piano, descrivendo nella sua relazione il convincimento maturato”. La verifica della fattibilità poggia, infatti, “sulla coerenza delle ipotesi con la situazione di fatto, intesa come coerenza storica, coerenza con le operazioni correnti, con l’assetto organizzativo e la capacità produttiva (in termini quali-quantitativi) e, quando le dimensioni dell’impresa lo rendano opportuno, con le attese macroeconomiche”.
Più nello specifico, l’attestatore verifica che il piano sia idoneo a soddisfare i creditori accertando modalità e tempi del pagamento, avendo preliminarmente acquisito una visione globale riguardo alle ipotesi strategiche, alle strategie di risanamento, al programma di azione e stress test. In ipotesi di continuità aziendale, l’attestatore verifica che le previsioni di flussi di cassa operativi diano risultati positivi e valuta che siano effettivamente realizzabili e capienti per permettere nel tempo il rimborso dei debiti dei quali il piano prevede la soddisfazione.
L’art. 87, c. 3 del Codice della crisi richiede all’attestatore, tra le altre cose, di esprimere un giudizio sulla funzionalità della prosecuzione dell’attività al miglior soddisfacimento dei creditori. Si tratta di un giudizio che affianca e integra quello “ordinario” di veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano e che trova la propria ratio nella circostanza che la continuità presenta un proprio fabbisogno la cui copertura assorbe risorse finanziarie che, come tali, non sono poste al servizio dei creditori anteriori al concordato. L’attestatore è infatti tenuto a verificare se la continuità sia tale da garantire a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale.
Posto che vi possono essere diversi motivi di convenienza per i creditori, non esclusivamente esprimibili in termini di mero soddisfacimento dei crediti, è pacifico ritenere che l’attestatore debba limitare la propria valutazione di convenienza all’aspetto quantitativo, accompagnandolo, ove possibile, con la descrizione di eventuali “utilità esterne”, nella richiamata ottica di completezza dell’informativa resa ai creditori. In relazione al termine di confronto rispetto al quale l’attestatore deve formulare il richiesto giudizio di comparazione quantitativa, la norma, nella sua formulazione attuale, prevede espressamente che il termine di raffronto da assumere per l’espressione del giudizio sia quello dell’ipotesi liquidatorio-giudiziale.