Lettera del direttore ·
17 Ottobre 2024
Che sia in atto una forte dinamica verso la bassa natalità e un progressivo invecchiamento della popolazione non è certo una novità. Nel 2023 l’indice di vecchiaia era pari a 188, che significa avere, ogni 100 giovani inferiori ai 15 anni, 188 anziani con più di 65 anni. È stato anche stimato che l’indice salirà a 300 nel 2050, che non è poi così lontano.
Che sia in atto una forte dinamica verso la bassa natalità e un progressivo invecchiamento della popolazione non è certo una novità. Nel 2023 l’indice di vecchiaia era pari a 188, che significa avere, ogni 100 giovani inferiori ai 15 anni, 188 anziani con più di 65 anni. È stato anche stimato che l’indice salirà a 300 nel 2050, che non è poi così lontano.
Gli over 65 in Italia sono 14 milioni, una bella fetta di popolazione che in gran parte gode di un reddito sicuro, una pensione o altro, non ha più mutui da pagare e, in teoria, ha già sistemato i figli, anche se il concorso dei genitori per i primi anni di avvio della vita professionale dei figli è sempre più importante. Quindi, da una parte i conti pubblici del trattamento pensionistico soffrono e, dall’altra, le imprese hanno di fronte un nuovo tipo di consumatore, un orizzonte di clientela ampiamente prevedibile nei numeri e, entro certi limiti, negli stili di consumo. È la Silver Economy che molti economisti considerano come l’economia del futuro, tutta interna, naturalmente, alle società di capitalismo avanzato, occidentali e non solo, che presentano dati demografici omogenei e intonati a un progressivo invecchiamento. Ci sono alcuni elementi che potrebbero orientare produzione e servizi verso propensioni e atteggiamenti di consumo anticipatamente conosciuti e che non presentano le consistenti variazioni tipiche delle nuove generazioni. Gli anziani, oltre a esprimere bisogni conosciuti, tendono a mantenere nel tempo uno stile di consumo tradizionale, non eccessivamente innovativo che può facilitare la programmazione di medio periodo di un’impresa.
Le scelte di consumo anziane sono abbastanza note. Alcune sono obbligate come i prodotti farmaceutici, alcuni tipi di alimentazione, protesi di varia natura soprattutto ottiche e audiometriche, il bisogno di assistenza e i servizi sanitari, la salute e l’ampio campo del benessere. Altre sono scelte specifiche, come l’adattamento dell’abitazione a nuove necessità. Altre ancora sono consolidate all’interno dell’ampia disponibilità di tempo libero come le attività sociali, culturali, ricreative che comprendono la rivisitazione di hobby tralasciati negli anni o la generale predilezione per i viaggi, gite o crociere che siano.
Si apre, quindi, un ampio ventaglio di interventi che si innestano su un’interessante prevedibilità di contesto, ma che non escludono assolutamente ampi margini di innovazione di nuove forme di servizio e di nuovi prodotti. Alcuni rilievi, però, fanno notare evidenti incongruenze, ad esempio nell’accresciuta propensione, in età anziana, al gioco d’azzardo o anche nell’incremento della pratica dei videogiochi, magari quelli che in età professionale non si aveva tempo di frequentare. In particolare, il gioco d’azzardo, che siano lotterie, macchinette o concorsi, appare come una stranezza per una popolazione che dovrebbe essere economicamente appagata e con un limitato orizzonte futuro, stranezza che non appare tale se si pensa a come la paura del futuro sia più radicata negli anziani anziché nei giovani.
C’è un ambito, tuttavia, che mi sembra di difficile assorbimento da parte della popolazione anziana, ossia quello dell’Intelligenza Artificiale. Chi vorrà dire ai nostri anziani che una macchina potrà competere con le esperienze e la saggezza accumulate durante tutta una vita? Esperienze passate attraverso problemi da risolvere, emozioni, difficoltà, gioie? Non io, certamente e, vorrei sperare, nessuno che sia dotato di buon senso