ETS ed Enti non commerciali

27 Maggio 2024

Fusione di enti religiosi, gli aspetti fiscali

La nuova realtà sociale ed economica impone anche negli enti religiosi di rivedere i modelli organizzativi per la gestione delle opere, spesso anche mediante la fusione tra enti.

Con riferimento agli istituti religiosi della Chiesa cattolica, il Canone 581 così recita: “spetta all’autorità competente dell’Istituto, a norma delle Costituzioni, dividere l’Istituto stesso in parti, con qualunque nome designate, erigerne di nuove, fondere quelle già costituite o circoscriverle in modo diverso”. Dal punto di vista civilistico, l’operazione di fusione si colloca nella previsione dell’art. 42-bis c.c., introdotto dall’art. 98 del Codice del Terzo Settore.

Con l’operazione di fusione, i diritti e i patrimoni di 2 enti o vengono trasfusi in un nuovo ente (fusione per unione) o il patrimonio dell’uno (incorporato) viene assorbito nell’altro (incorporante). Sotto il profilo fiscale è da verificare se ciò possa avvenire senza soluzione di continuità e senza che abbia a manifestarsi un fenomeno realizzativo, fiscalmente rilevante.
Ai fini Ires, la risoluzione 15.04.2008, n. 152/E esamina il caso di una fusione fra due enti religiosi:

  • i beni del patrimonio commerciale di un ente (incorporando), che a seguito della fusione entrano nel patrimonio commerciale dell’incorporante, beneficiano della neutralità della fusione (ex art. 171, c. 1, richiamato dall’art. 174 del Tuir). In questo caso, valgono i principi di neutralità fiscale normalmente applicabili alle fusioni tra società;

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