Accertamento, riscossione e contenzioso

31 Maggio 2024

Frodi Iva: ripartizione dell’onere della prova

Nel caso di utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti, la Cassazione (ord. n. 14102/2024) ha ribadito il principio secondo cui non possono essere richieste al contribuente verifiche complesse sul fornitore, poiché non dispone degli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria.

Il caso giunto in Cassazione riguarda un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a una società l’Iva relativa a operazioni soggettivamente inesistenti realizzate con un fornitore ritenuto privo di organizzazione e mezzi necessari allo svolgimento dell’attività. I giudizi di merito respingevano non ritenendo decisivi gli elementi di prova addotti dalla società contribuente che ricorreva dunque in Cassazione.

Prima di analizzare la motivazione dell’ordinanza in commento appare opportuno ricordare che, in tema di utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti, la giurisprudenza nazionale, in applicazione dei principi statuiti dai giudici eurocomunitari, ha più volte ribadito che, in merito al corretto esercizio della detrazione Iva in relazione a fatture di acquisto emesse da società prive di organizzazione o da soggetti interposti, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inserisca in un meccanismo evasivo dimostrando, anche in via presuntiva, in base a elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza, in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente.

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