Imposte dirette
01 Marzo 2022
Dal 1.01, fatte salve eventuali successive modifiche, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dal datore di lavoro ai lavoratori dipendenti ed assimilati che non concorre alla formazione del reddito è ripristinato a € 258,23.
La normativa prevede che qualora il valore dei beni in natura erogati dal datore, quali, ad esempio, i beni concessi al lavoratore in uso promiscuo come l’autovettura o i buoni spesa/carburante, superi la soglia di esenzione, tutto il valore del fringe benefit venga assoggettato a imposizione fiscale e contributiva.
La verifica della soglia di esenzione va svolta tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d’imposta. A differenza di altri beni e servizi per i quali la legge subordina l’esenzione, parziale o totale sia fiscale che previdenziale, all’offerta o messa a disposizione alla generalità dei dipendenti o categorie omogenee, tali fringe benefit possono essere riconosciuti anche al singolo lavoratore come trattamento “ad personam”. Il limite di esenzione era stato temporaneamente raddoppiato a € 516,46 per gli anni di imposta 2020 e 2021, al fine di attenuare gli effetti negativi sulla capacità di spesa dei lavoratori dovuti all’emergenza Covid, ma è indubbio che indirettamente abbia promosso anche politiche di welfare aziendale.
Da più parti si sperava che tale misura, in considerazione degli effetti positivi avuti sulla capacità di incrementare i consumi generando così anche un ritorno per lo Stato attraverso l’introito dell’Iva, fosse stabilizzata nella legge di Bilancio 2022, ma così non è stato! La scelta di non riconfermare questa misura è un’occasione mancata che potrebbe portare ad attenuare gli investimenti delle imprese in proiezione di welfare aziendale. I fringe benefit sono benefici aggiuntivi alla normale retribuzione, strumenti facili da usufruire per le aziende ed i lavoratori anche per il fatto che possono essere utilizzati attraverso i voucher cartacei o digitali, consentendo così a molte imprese, soprattutto le più piccole, di sperimentare i vantaggi del welfare aziendale anche se per lo più non sono utilizzati per misure di natura sociale. Se è vero infatti che il welfare aziendale è innanzitutto rappresentato da servizi per istruzione, sanità, previdenza integrativa, assistenza per anziani e bambini, è altresì vero che i fringe benefit sono la componente del welfare che è più semplice da erogare e che è stata maggiormente utilizzata dalle aziende per soddisfare il welfare introdotto dalla contrattazione a livello nazionale.
La stabilizzazione dell’esenzione a € 516,46 avrebbe potuto consentire di iniziare ad usare i fringe benefit anche per scopi più sociali, per rispondere a bisogni crescenti sul fronte della salute e dell’istruzione/formazione.
Il ripristino al valore ordinario di € 258,23 produrrà primariamente l’effetto di ridefinire la politica di benefit per molti datori di lavoro. In particolare di quei datori che oltre al fringe benefit riconosciuto al lavoratore individualmente o attraverso la contrattazione aziendale, devono riconoscere quello previsto dalla contrattazione nazionale, come per esempio avviene nel Ccnl metalmeccanico industria. In tale settore il datore di lavoro che, in ossequio alla disciplina del vigente Ccnl, dovesse erogare € 200 sotto forma di buoni carburanti, dal 2022 avrà potenzialmente a disposizione il solo importo residuale di € 58,23 per riconoscere ulteriori beni e servizi in natura per restare entro la soglia di esenzione annua prevista dal TUIR. Il ritorno al limite di € 258,23 riduce inevitabilmente l’interesse ad introdurre ulteriori benefit con ripercussioni sulle possibilità di adottare interventi di vero e proprio welfare da parte delle aziende di dimensioni ridotte per le difficoltà organizzative e la scarsa conoscenza della disciplina. La soglia di esenzione, infatti, è troppo esigua per accedere a misure con risvolti sociali come servizi di dopo-scuola, ripetizioni o visite mediche specialistiche.
L’introduzione di un piano welfare, sia come welfare di produttività che si sostanzi nella possibilità accordata al dipendente di convertire in tutto o in parte il premio di risultato oggetto di detassazione in beni e servizi, sia come welfare aggiuntivo che si implementi volontariamente o in accordo con il sindacato prevedendo sin dall’origine la corresponsione di beni e servizi, richiede infatti sforzi importanti. La scelta di stabilizzare il tetto a € 516,46, o addirittura ampliare la soglia di esenzione, avrebbe generato una spinta ai consumi, ma soprattutto sarebbe stata una scelta culturale nell’alveo dei precedenti interventi in favore del welfare aziendale, in quanto avrebbe aiutato a comprendere tutte le potenzialità di tale istituto sotto il profilo sociale e contrattuale estendendolo ad una platea maggiore di aziende e lavoratori.