IVA
30 Dicembre 2023
Per i beni ammortizzabili il calcolo della rettifica della detrazione va effettuato considerando il numero dei mesi intercorrenti tra la data di acquisto del bene e quella di fuoriuscita dal regime forfetario.
Con la circolare n. 32/E/2023 l’Agenzia delle Entrate ha esaminato gli effetti Iva della fuoriuscita dal regime forfetario, soffermandosi, tra gli altri, sulle modalità operative della rettifica della detrazione. La norma, come noto, dispone due distinte eventualità di fuoriuscita dal regime di favore:
Dalla fuoriuscita dal regime forfetario discende il diritto alla “rettifica” dell’Iva non detratta, secondo le condizioni previste dall’art. 19-bis2 D.P.R. 633/1972, da esporre nella dichiarazione Iva relativa al 1° anno di applicazione delle regole ordinarie. Così, il superamento del limite di 85.000 euro nell’anno x implica che l’eventuale rettifica dell’imposta non detratta sia esposta nella dichiarazione Iva relativa all’anno x+1 (1° anno di applicazione delle regole ordinarie) da presentare nell’anno x+2. Il superamento del limite di 100.000 euro nell’anno x, invece, implica che la rettifica dell’imposta non detratta sia esposta nella dichiarazione relativa allo stesso anno, da presentare nell’anno x+1.
In considerazione del richiamo ai ricavi/compensi percepiti, ciò che rileva ai fini del superamento del limite di 100.000 euro è l’incasso dei medesimi e non l’emissione della relativa fattura. Ne discende che la fattura che comporta il superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno, se emessa contestualmente all’incasso, deve esporre l’Iva a debito. Laddove, invece, l’incasso avvenga in un momento successivo all’emissione della fattura, gli obblighi Iva sono assolti dal momento in cui è stato incassato il corrispettivo dell’operazione e dovrà essere integrata la fattura alla quale l’incasso si riferisce, ancorché emessa antecedentemente all’incasso.
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Pertanto, l’incasso del corrispettivo che ha comportato il superamento dei 100.000 euro rappresenta la linea di demarcazione tra la fuoriuscita dai forfetari e l’ingresso nel regime ordinario, con i conseguenti adempimenti Iva (ad esempio, liquidazioni periodiche e dichiarazione annuale). Rimangono, invece, nell’alveo del regime forfetario le operazioni fatturate anteriormente all’incasso che ha comportato il superamento di 100.000 euro; tali operazioni non devono essere evidenziate nella dichiarazione annuale (per la frazione di anno in cui il contribuente transita nel regime ordinario), neppure nell’ipotesi in cui il corrispettivo di tali operazioni sia incassato successivamente a quello che ha comportato il superamento dei 100.000 euro. In tal caso, la rettifica va effettuata emettendo una nota di variazione in aumento a integrazione della fattura originaria, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva dovuta.
In caso di superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno, l’Iva non detratta nel corso del regime forfetario, ai fini dell’eventuale rettifica, è indicata nella dichiarazione Iva relativa all’anno del superamento, in applicazione del già citato art. 19-bis2, c. 3 D.P.R. 633/1972. In particolare, il “passaggio” dal regime forfetario a quello ordinario comporta la possibilità di rettifica dell’imposta sugli acquisti di beni ammortizzabili e di beni e servizi “non ancora ceduti o non ancora utilizzati” al momento dell’incasso del corrispettivo dell’operazione che comporta il superamento del predetto limite.
Stante il cambiamento di regime in corso d’anno, la rettifica dell’Iva non detratta va operata tenendo conto della natura dei beni acquistati (capitale circolante o cespiti ammortizzabili) e, ove necessario, del periodo compreso tra la data dell’acquisto e la data di fuoriuscita dal regime forfetario. In tal caso, il calcolo della rettifica della detrazione va effettuato considerando il numero dei mesi intercorrenti tra la data di acquisto del bene e quella di fuoriuscita dal regime forfetario.
Richiamando l’esempio proposto dalle Entrate, si considera il caso di un soggetto passivo fuoriuscito dal regime forfetario il 1.10.2023 (data in cui ha incassato un corrispettivo superando il limite di 100.000 euro di ricavi percepiti), che presenta in magazzino beni “invenduti” per 12.200 euro (10.000 imponibile + 2.200 Iva). Nella dichiarazione Iva relativa all’anno in cui è avvenuto il mutamento di regime, l’operatore rettifica in aumento l’imposta a credito per 2.200 euro. Se, poi, lo stesso ha acquistato il 1.07.2022 un cespite ammortizzabile (diverso dagli immobili) per 6.100 euro (5.000 imponibile + 1.100 Iva), nella medesima dichiarazione Iva rettifica in aumento l’Iva a credito corrispondente ai quinti residui (1.100/5 = 220 euro, da rapportare ai mesi nel 2023), vale a dire il quinto del 2023 rapportato ai mesi residui dell’anno pari a 55 euro (220 x 3/12) più i quinti pieni del triennio 2024-2026 pari a 660 euro (220 x 3), per un totale di 715 euro. Se, infine, al 1.10.2023 risultano servizi non ancora fruiti, consistenti ad esempio in un leasing stipulato il 1.03.2023, regolato con pagamenti semestrali anticipati (1.03 – 1.09) per 3.660 euro (3.000 imponibile + 660 Iva), nella stessa dichiarazione Iva l’operatore commerciale rettifica in aumento l’Iva a credito per l’importo corrispondente ai mesi residui del 2023 (ottobre, novembre e dicembre = 3 mesi) più i mesi del 2024 (gennaio e febbraio = 2 mesi), vale a dire 550 euro (660 x 5/6).
L’acquisto dei cespiti ammortizzabili può comportare diversi interventi in contabilità Iva in dipendenza di altrettanti passaggi fra il regime ordinario e forfetario, stante l’ampio periodo di osservazione (5 o 10 anni) entro cui operare le eventuali rettifiche in aumento o in diminuzione. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate propone i seguenti 2 esempi.