Imposte dirette
24 Febbraio 2023
Il superamento del limite che determina la fuoriuscita dal regime di favore tra imposte dirette e Iva.
Al superamento in corso d’anno del limite antielusione introdotto dalla legge di Bilancio 2023 occorre tenere conto di 2 distinte regole applicative: una valevole ai fini del reddito d’impresa e l’altra ai fini dell’Iva. Solo attraverso questa duplice chiave di lettura, basata sull’interpretazione letterale delle disposizioni in commento, si possono comprendere a pieno gli effetti pratici della norma antielusione contenuta nel comma 54 dell’art. 1 L. 197/2022.
La suddetta disposizione prevede testualmente che “Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro. In tale ultimo caso, è dovuta l’imposta sul valore aggiunto a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite”.
Si noti come la norma faccia espresso riferimento alla “percezione” dei ricavi o dei compensi che fanno superare il limite dei 100.000 euro che, generalmente, non coincide con quello di fatturazione delle singole operazioni attive.
Il regime forfetario, come è noto, si basa sul criterio di cassa per la determinazione del reddito da assoggettare a tassazione sostitutiva. Non conta, a tali fini, quanto si è “fatturato”, ma quanto dello stesso si è anche incassato nel singolo periodo d’imposta.
Con questa chiave di lettura ecco che nell’ipotesi in cui, nel corso del 2023, un contribuente raggiunga il nuovo limite dei 100.000 euro si può provare a capire che cosa debba essere davvero tenuto in considerazione.
Nell’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superano i 100.000 euro, come abbiamo visto, si fuoriesce dal regime forfetario. Ciò si basa su un criterio rigido di cassa. In tale caso, tutto il reddito dell’anno di superamento del nuovo limite andrà determinato con le regole ordinarie del reddito d’impresa o di lavoro autonomo (quadri RG, RF, RE) e assoggettato all’Irpef.
Attenzione però: il secondo periodo del suddetto comma 54 prevede che l’Iva è dovuta a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del limite dei 100.000 euro.
Quindi, se abbiamo ad esempio già raggiunto quota 99.000 euro e occorre fatturare un’operazione da 5.000 euro ecco che per effetto della stessa si supererà il nuovo tetto posto dalla legge di Bilancio per cui, indipendentemente dalla sua riscossione, sarà necessario assoggettarla a Iva per l’importo totale.
Seguire le vicende relative all’incasso di questa fattura vorrebbe dire, in estrema sintesi, bloccare ogni futura o operazione in attesa di un tale esito.
L’attività d’impresa o di lavoro autonomo non si possono, però, fermare ed è necessario avere sempre certezza su come muoversi.
Il comma 54 contiene dunque due diverse disposizioni. Una ai fini della determinazione del reddito d’impresa che guarda alla cassa, l’altra relativa all’introduzione dell’Iva che guarda alla fatturazione dell’operazione.
Le considerazioni potrebbero essere diverse, ma si tratta a ben vedere dell’eccezione che conferma la regola, se la suddetta fattura da 5.000 euro fosse l’ultima che il contribuente forfetario deve emettere nell’esercizio e abbia, come data dell’operazione, il 31.12.
Se non è stata riscossa, nemmeno in parte, non si realizzerebbe il primo periodo del comma 54 e di conseguenza neanche il secondo perché, seppur divisi da un punto, sono comunque concatenati fra loro (…in tale ultimo caso).
Il contribuente resterebbe forfetario e non deve assoggettare a Iva la fattura in oggetto.