Imposte dirette
02 Novembre 2024
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 23.10.2024, n. 27550, si è pronunciata sulla portata applicativa dell’art. 26 del Tuir, statuendo che la non percezione dei canoni è ininfluente in ordine alla maturazione fiscale del relativo reddito fondiario.
Nell’ordinanza n. 27550/2024 il giudice di Cassazione sottolinea come secondo l’orientamento prevalente della Suprema Corte, la mera morosità del conduttore non impedisce l’assoggettamento dei canoni non pagati a imposta sui redditi, fino a quando non intervenga una pronuncia giurisdizionale che dichiari risolto il contratto o venga registrato l’atto di risoluzione del medesimo. Pertanto, fino a quando il contratto rimane valido ed efficace, il conduttore in mora è tenuto al pagamento dei relativi canoni, che concorrono a formare il reddito del proprietario, anche se non riscossi.
La sentenza sul piano dell’esegesi delle norme vigenti appare condivisibile. A tale proposito si deve considerare come il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo, per i quali ultimi opera, invece, la deroga introdotta dall’art. 8 L. 431/1998, sia individuato in relazione al reddito locativo fino a quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, sino alla risoluzione del contratto o sino a quando non venga emesso un provvedimento di convalida dello sfratto, atteso che il criterio di imputazione di tale reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione