Amministrazione e bilancio
04 Agosto 2022
Aspetti contabili e fiscali della svalutazione dei crediti.
Il principio contabile OIC 15 stabilisce che un credito deve essere svalutato nell’esercizio in cui si ritiene probabile che il credito abbia perso valore.
Gli indicatori per effettuare l’analisi che porta alla svalutazione sono:
L’art. 106, c. 1 del Tuir indica, invece, che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nell’art. 85, c. 1, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50% del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. La deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio.
Il fondo svalutazione crediti ha la funzione di adeguare contabilmente il valore nominale dei crediti commerciali al valore di realizzo allo scopo di fronteggiare eventuali futuri rischi di crediti. Pertanto, una quota del fondo civilistico è deducibile fiscalmente in ciascun esercizio nel limite dello 0,50% del valore nominale dei crediti.
Il fondo dedotto deve comunque tener conto delle perdite su crediti verificatosi in ciascun esercizio e depurato delle perdite verificatosi.
L’art. 101 del Tuir, concernente minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite, al comma 5 disciplina le perdite su crediti precisando, tra l’altro, che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi. Lo stesso comma prevede, inoltre, che si considerano presenti gli elementi certi e precisi che determinano la deducibilità della perdita in tutti i casi di cancellazione dei crediti dal bilancio venga operata in applicazione dei principi contabili.
Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito è di modesta entità e sia decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta a un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevanti dimensioni e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.
Sul punto la Commissione tributaria regionale della Toscana, con sentenza n. 541/2022, afferma che le perdite su crediti sono indeducibili, nonostante siano riferiti a “mini crediti” sotto 5.000 euro, se non è provata in giudizio l’inerenza e l’effettività dell’operazione; i giudici, aderendo all’orientamento della Cassazione (Cass., sent. 8.07.2019, n. 9784), evidenziano che, ai fini della deducibilità della perdita su crediti, quali componenti negativi del reddito d’impresa, il contribuente doveva fornire la prova circa la loro inerenza all’attività imprenditoriale.
Con la circolare 4.06.2014, n. 14/E, con riferimento al fondo gestito per masse, è stata precisata la modalità operativa a regime della deducibilità delle perdite sui crediti di modesta entità. In particolare, è stato affermato che nel periodo d’imposta in cui si realizzano i 2 requisiti che consentono la deduzione automatica delle perdite sui crediti di modesto importo (imputazione del componente negativo di rettifica e maturazione della scadenza dei 6 mesi), l’intero ammontare dei predetti crediti, nell’ipotesi in cui trova capienza nel valore delle svalutazioni non dedotte, deve essere attribuito, sul piano fiscale, ad una perdita su crediti. Inoltre, il fondo svalutazione (non dedotto) per la parte corrispondente ai predetti crediti di modesta entità non può generare variazioni in diminuzione in caso di utilizzo, al pari del fondo già dedotto secondo quanto disposto all’art. 106 del Tuir.