IVA

09 Maggio 2024

È possibile per il Fisco ricorrere a più strumenti cautelari

La Corte di Cassazione è tornata a ribadire la liceità del ricorso dell’Amministrazione Finanziaria a più strumenti cautelari in ordine ai crediti vantati dai contribuenti, ma a condizione che il provvedimento sia supportato da adeguati motivi.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 29.04.2024, n. 11358, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale veniva dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 69 R.D. 2440/1923 e dell’art. 23 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472, per avere la CTR erroneamente affermato che il mancato richiamo delle menzionate disposizioni di legge indurrebbe a far ritenere che il provvedimento di sospensione non sia stato emesso in applicazione della disciplina del fermo amministrativo.

A tale proposito va preliminarmente considerata la prescrizione dell’art. 38-bis, c. 8 D.P.R. 633/1972 la quale prevede che: “Quando sia stato constatato nel relativo periodo di imposta uno dei reati di cui di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. 74/2000 l’esecuzione dei rimborsi prevista nei commi precedenti è sospesa, fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale”.

Nella sentenza in esame la Cassazione dapprima evidenzia come la giurisprudenza di legittimità si sia già interrogata in ordine al rapporto tra la tutela cautelare prevista nel D.P.R. 633/1972 e gli altri istituti cautelari, disciplinati dall’art. 23 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472 e soprattutto dall’art. 69 R.D. 2440/1923.
L’esistenza di una specifica norma, dettata in materia di Iva (il cit. art. 38-bis D.P.R. 633/1972), non impedisce, in linea generale, il ricorso anche agli altri istituti cautelari. Infatti, la lettura delle norme, secondo l’interpretazione ormai prevalente, è nel senso di non escludere il congiunto ricorso all’esercizio del potere di sospensione del pagamento previsto dall’art. 69, ultimo comma R.D. 2440/1923 (si vedano Cass. 5.05.2011, n. 9853; 28.03.2014, n. 7320; 31.10.2017, n. 25893).

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Anche in dottrina si sottolinea come trattasi di garanzie aventi funzioni diverse: quella apprestata dal citato art. 38-bis garantisce in ordine all’inesistenza del credito al rimborso in presenza di rapporti di fatturazione oggettivamente e soggettivamente inesistenti, mentre quella prevista dal citato art. 69, garantisce tutela la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti vantati in genere dall’Amministrazione.

Laddove, tuttavia, sussistano ragioni che riconoscano la possibilità di ricorrere ad istituti cautelari diversi da quello contemplato nell’art. 38-bis, si impone l’attenzione sui limiti del cumulo tra le garanzie apprestate da quest’ultima norma e gli altri strumenti cautelari, anche al fine di evitare, per il medesimo periodo di vigenza, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell’Amministrazione Finanziaria ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buona fede previsto dall’art. 10, c. 1 dello Statuto del Contribuente, nonché del principio di solidarietà sancito dall’art. 2 Costituzione, che deve ispirare anche i rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino (si veda Cass. S.U. 31.01.2020, n. 2320).

In raccordo con tali superiori principi, pertanto, l’istituto cautelare previsto dall’art. 38-bis, c. 8 D.P.R. 633/1972 trova applicazione in presenza di reati, afferenti all’Iva o le imposte dirette, riconducibili ad operazioni inesistenti, per cui in tale caso specifico non c’è necessità di applicare strumenti più generali. Laddove invece la tutela cautelare si relazioni a fattispecie penali diverse, o anche alla sola prospettazione di compensazioni tra crediti, oppure ad accertamenti in corso, nulla ostruisce che l’Ufficio possa fare ricorso agli altri strumenti cautelari (in tal senso Cass. 31.10.2018, n. 27784).

Quello che però è imprescindibile sia per la dottrina che per il giudice di Cassazione è la necessità di una motivazione specifica ed esaustiva del provvedimento cautelare. A tal fine la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in materia tributaria la causa di sospensione del pagamento di un rimborso (cd. fermo amministrativo), prevista a favore dell’Amministrazione Finanziaria dall’art. 23 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472 – che costituisce disciplina specifica rispetto all’istituto di cui all’art. 69, c. 6 R.D. 2440/1923 – può essere fatta valere anche nel corso del giudizio che abbia ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto relativo alla richiesta del rimborso medesimo, a condizione, però, che sia adottato un formale provvedimento di sospensione. Tale atto deve essere dotato dei requisiti prescritti dalla legge, compresa un’adeguata motivazione in ordine al fumus boni iuris della vantata ragione di credito da parte dell’Amministrazione, e portato a legale conoscenza dell’interessato, per garantirgli ogni tutela giurisdizionale (si veda Cass. 11.11.2011, n. 23601).

Non esiste dubbio, infatti, che se è vero che la motivazione del diniego di rimborso, che incide sul diritto ad ottenere quanto richiesto, può essere integrata anche successivamente dall’Amministrazione Finanziaria, potendo detto diniego essere anche tacito e restando a carico del contribuente l’onere di provare il proprio credito, l’emanazione di un provvedimento cautelare di sospensione, che incide su di un diritto riconosciuto dalla stessa Amministrazione Finanziaria, implica una motivazione adeguata, con l’indicazione specifica delle ragioni prospettate dall’Amministrazione, risultando altrimenti violato il diritto di difesa del contribuente.

In altri termini, il provvedimento che nega il rimborso Iva disconosce una pretesa del contribuente, i cui presupposti devono essere debitamente provati dal medesimo in giudizio, mentre il provvedimento di fermo amministrativo incide invece su di un diritto riconosciuto esistente dalla stessa Amministrazione, per cui quest’ultima ha il dovere in tal caso di giustificare compiutamente le ragioni della sospensione del soddisfacimento di una pretesa su cui non vi è contestazione.

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