Imposte dirette
05 Novembre 2020
Tra la giurisprudenza della Cassazione e la prassi dell'Agenzia delle Entrate, considerando anche le norme comunitarie.
Il quadro che caratterizza la disciplina Iva da applicare alle transazioni è tutt’altro che semplice e ciò a causa di un orientamento non sempre chiaro e univoco della Corte di Cassazione, che per di più non collima con la linea tracciata di volta in volta dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a vari interpelli.
La transazione è regolata dall’art. 1965 C.C. che la definisce come il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già iniziata o prevengono una lite che può sorgere tra loro; a seconda del suo contenuto, può assumere natura dichiarativa o novativa, a seconda che consista in un accordo teso a mantenere intatte le pattuizioni originarie, oppure a costituirne delle nuove.
Sotto il profilo fiscale, è evidente che le conseguenze connesse alla sottoscrizione di un accordo transattivo non passano inosservate. L’Agenzia delle Entrate è arrivata a qualificare l’obbligazione di fare che scaturisce da un accordo transattivo, rappresentata dall’impegno assunto dalle parti, come operazione imponibile ai fini Iva. L’art. 26, c. 2 D.P.R. 633/1972 consente l’emissione di una nota di credito quando un’operazione precedentemente fatturata venga meno in tutto o in parte o se ne riduca l’imponibile a causa della dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, rescissione e simili o per mancato pagamento a causa di procedure concorsuali o procedure esecutive individuali rimaste infruttuose. Tuttavia, il successivo comma 3 dispone che il beneficio di cui al comma precedente non spetta qualora il venir meno della prestazione dipenda da un sopravvenuto accordo tra le parti, dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile. In tal senso la risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 387/2019, riferita all’accordo concluso in sede giudiziaria con una riduzione del prezzo. L’Agenzia ribadiva la possibilità di emissione della nota di credito entro un anno dall’effettuazione dell’operazione, ma in tal caso, essendo decorso il termine, la variazione era consentita per la sola base imponibile.
Nell’interpello n. 386/2020 si discute invece dell’assoggettamento a Iva degli importi concordati per il pagamento di presunti danni. L’Agenzia delle Entrate conclude per l’applicazione dell’Iva in funzione del rapporto sinallagmatico tra l’impegno assunto e la somma versata.
La Corte di Cassazione ha assunto su questo tema un atteggiamento ondivago. Nella sentenza n. 18764/2014 ha negato la rilevanza Iva delle somme dovute a seguito di una transazione. In altra sentenza (23668/2018) conclude per l’applicazione del tributo a una transazione con reciproca rinuncia delle parti ai propri crediti.
Per una completa analisi dell’argomento non si può trascurare la normativa e giurisprudenza comunitaria. In estrema sintesi, la Direttiva 2006/12 (artt. 24 e 25) considera imponibile Iva, in quanto prestazione di servizi, ogni operazione che non costituisce cessione di beni e attribuisce rilevanza agli obblighi di non fare o permettere, attraendo nella sfera del tributo ogni operazione dipendente da rapporti sinallagmatici. La giurisprudenza comunitaria impone altresì di verificare che l’operazione avvenga a titolo oneroso. Infine, occorre accertare se ricorra un’ipotesi di “consumo”. Pagare per la rinuncia di un’azione altrui configura un’ipotesi di “consumo” ai fini Iva (Cause C-214/95 e C-384/95).