Diritto del lavoro e legislazione sociale
15 Maggio 2024
L’introduzione normativa delle ferie solidali ha permesso ai lavoratori di donare una parte dei propri riposi per assistere colleghi in difficoltà. Uno strumento prezioso per rafforzare la cultura della solidarietà sul posto di lavoro.
L’origine dell’istituto risale alla Francia con la cosiddetta Legge Mathys del 2014, che consentiva la donazione di ore lavorative per assistere un collega con figlio gravemente malato.
In Italia, la normativa di riferimento è l’art. 24 del Jobs Act del 2015, che ha introdotto la possibilità di cedere volontariamente e gratuitamente ferie e riposi accumulati per sostenere colleghi impegnati nell’assistenza di figli minori bisognosi di cure costanti.
La cessione solidale di ferie e permessi non fruiti rappresenta un atto di generosità che consente ai lavoratori di supportare i colleghi in difficoltà, soprattutto quando questi ultimi hanno esaurito i propri giorni di assenza retribuita per prendersi cura di figli minori affetti da gravi patologie.
Tuttavia, questo gesto altruistico non può essere effettuato in modo arbitrario, poiché esistono precise disposizioni stabilite dalla contrattazione collettiva, sia a livello nazionale che aziendale.
In primo luogo, è fondamentale sottolineare che i dipendenti possono donare esclusivamente le giornate di ferie eccedenti il periodo minimo di 4 settimane, sancito come diritto irrinunciabile del lavoratore. Oltre alle ferie extra, anche le ex festività, i Rol (riduzione orario di lavoro) e i permessi possono essere oggetto di cessione solidale, a patto che non siano già stati monetizzati o non si riferiscano ad anni precedenti.
Prima di procedere con la donazione, è necessario comunicare formalmente la propria intenzione al datore di lavoro, in modo da consentire una corretta gestione delle assenze e un’adeguata organizzazione del lavoro.
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È importante evidenziare che gli accordi sindacali hanno la facoltà di ampliare la platea dei beneficiari, estendendola oltre la cerchia dei figli minori affetti da gravi malattie. Questa possibilità consente di venire incontro alle esigenze di un numero maggiore di lavoratori in difficoltà, dimostrando una maggiore sensibilità e attenzione verso le problematiche sociali e familiari.
Uno degli aspetti più complessi riguarda la quantificazione del valore effettivo delle ferie donate, soprattutto nei casi in cui vi sia una significativa differenza retributiva tra il donatore e il beneficiario.
In assenza di una regolamentazione ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate e dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps), permangono dubbi e incertezze su come calcolare correttamente l’importo delle ferie cedute, tenendo conto delle diverse retribuzioni e dei relativi oneri contributivi e fiscali. Questa lacuna normativa rischia di creare disparità di trattamento e potenziali controversie, rendendo più complessa la gestione di un istituto che, per sua natura, dovrebbe essere improntato alla massima trasparenza e semplicità.
Un altro aspetto rilevante da considerare è la cumulabilità delle ferie solidali con altri strumenti di welfare aziendale e di assistenza familiare.
In particolare, ci si interroga sulla possibilità di combinare la cessione di ferie e permessi con i benefici previsti dalla L. 104/1992, che riconosce ai lavoratori il diritto di assentarsi per assistere familiari con disabilità grave, o con il ricorso al part-time verticale, che consente di concentrare l’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno.
Nonostante alcune criticità applicative, il sistema di ferie e riposi solidali rappresenta uno strumento prezioso di welfare aziendale partecipativo. La diffusione di queste pratiche contribuisce a rafforzare la cultura della solidarietà nei luoghi di lavoro, creando una rete di sostegno reciproco tra colleghi in difficoltà.