Accertamento, riscossione e contenzioso
09 Gennaio 2025
La Corte di Cassazione, con la sentenza 9.12.2024, n. 44954, ha chiarito che, per i reati di dichiarazione fraudolenta (art. 2 D.Lgs. 74/2000) e di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000), deve essere accertato il dolo specifico di evasione.
Nella sentenza in esame la Suprema Corte è tornata ad affrontare il tema della componente psicologica del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, con specifico riferimento all’ipotesi di fatturazione c.d. “a specchio” tra 2 diversi soggetti fiscali. Nel caso di specie, gli amministratori di due società erano stati condannati per i reati sopra menzionati, avendo gli stessi concluso acquisti e vendite reciproci delle medesime merci, i cui costi e ricavi si erano elisi a vicenda.
La tesi difensiva dei precedenti gradi di giudizio si fondava sulla denunciata insussistenza del dolo di evasione, tenuto conto che la finalità della fatturazione non era quella di conseguire un illecito risparmio di imposta, insussistente per la reciprocità delle operazioni di fatturazione fiscalmente neutre, ma quella di ottenere anticipi su tali fatture mediante operazioni di sconto bancario, del tutto estranea rispetto al dolo di evasione che connota la frode fiscale.
La Suprema Corte, nella sentenza in commento, ricorda dapprima che sia il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, sia quello di emissione di tali fatture o documenti richiedono, per la loro configurabilità, il dolo specifico di evasione, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, anche a favore di un terzo, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico, costituito dalla presentazione della dichiarazione fraudolenta o dall’emissione delle fatture.
L’evasione d’imposta non è, dunque, elemento costitutivo del reato, ma elemento del dolo specifico, in quanto per integrare i reati è necessario che l’utilizzatore e l’emittente delle fatture si propongano il fine di evadere le imposte o di consentire a terzi l’evasione dell’imposta sui redditi o sul valore aggiunto, ma non occorre anche che la programmata evasione sia, effettivamente, conseguita.
Tale elemento soggettivo è configurabile anche nella forma del dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che le azioni di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, o di emissione di fatture per operazioni inesistenti, possano comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva. Nel caso in esame, erano pacifiche sia l’inesistenza oggettiva delle operazioni commerciali sottostanti le fatture oggetto delle contestazioni, relative ai medesimi beni (materiali siderurgici) che le società amministrate dai 2 ricorrenti hanno acquistato una dall’altra e poi rivenduto a esse medesime (così ponendo in essere operazioni c.d. “a specchio”), sia le finalità di tali operazioni, volte a consentire a una delle 2 società, che si trovava in una situazione di difficoltà finanziaria, di ottenere anticipazioni bancarie mediante sconto delle fatture dalla stessa emesse nei confronti dell’altra.
La Suprema Corte ha deciso, dunque, per il “rinvio ad altra sezione della medesima Corte d’appello di Brescia, affinché verifichi, tenendo conto della peculiarità della vicenda, consistente nella realizzazione di operazioni c.d. a specchio, la sussistenza di elementi dimostrativi della finalità di evasione sottostante le condotte contestate a entrambi i ricorsi”.