Agricoltura ed economia verde
22 Ottobre 2024
La disposizione contenuta nel D.P.R. 600/1973 e le indicazioni di prassi parrebbero escludere le società semplici agricole dalla possibilità di non applicare la ritenuta d’acconto sulle provvigioni, ma dalla ratio della norma vi dovrebbero rientrare a pieno titolo.
L’art. 25-bis D.P.R. 600/1973 stabilisce espressamente che i soggetti richiamati dall’art. 23, c. 1 D.P.R. 600/1973, che corrispondono provvigioni per prestazioni anche occasionali di procacciamento di affari, rappresentanza di commercio, mediazione, agenzia o commissione sono tenute a operare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sui redditi delle persone fisiche o dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche in sede di pagamento, con obbligo di rivalsa.
L’aliquota prevista, fissata dall’art. 11 del Tuir, è quella riferita al primo scaglione di reddito, oggi pari al 23% e da applicare, ai fini della norma in commento, sul 50% dell’ammontare delle provvigioni corrisposte. Qualora ricorrano fattispecie particolari, quali ad esempio la dichiarazione da parte del percipiente al proprio committente di avvalersi di collaborazioni continuative, l’aliquota d’imposta è applicata sul 20% dell’ammontare delle provvigioni corrisposte.
L’art. 25-bis, c. 1 prevede un’espressa esclusione dall’applicazione della ritenuta per le provvigioni corrisposte dalle imprese agricole e, secondo quanto richiamato nel predetto articolo, devono applicare la ritenuta d’acconto solo i soggetti di cui all’art. 23, c. 1, ovvero enti e società in capitali, società di persone e associazioni, persone fisiche che esercitano attività commerciali di cui all’art. 55 del Tuir.