Procedure concorsuali
06 Febbraio 2025
Il legislatore ha escluso la possibilità di beneficiare della transazione fiscale nell’ambito del piano attestato di risanamento ex art. 56 del Codice della Crisi.
Come noto, sovente accade che la crisi di un’impresa sia preceduta da una serie più o meno variegata di segnali premonitori, un calo del fatturato o della marginalità, un aumento dei costi di gestione o delle materie prime, carenza o sovrannumero dei dipendenti, ecc. In tale contesto, la reazione dell’imprenditore tende alla riduzione delle uscite di cassa, a fronte del calo delle entrate; ed è così che la prima spesa che viene sacrificata sull’altare della speranza di una paventata continuità è quella riferita al pagamento delle tasse e dei contributi, seguita dall’incostante versamento delle rate di finanziamenti e mutui e, in ultimo, dal ritardato pagamento dei fornitori e dei dipendenti. Naturalmente, in uno stato di dissesto finanziario l’imprenditore fa di tutto per pagare questi ultimi, cioè fornitori e dipendenti, laddove è consapevole che, in caso contrario, l’operatività aziendale è compromessa, di contro le conseguenze nefaste afferenti al mancato pagamento delle imposte si manifestano dopo molti mesi, o anni, dall’omesso pagamento.
Ed è proprio per tale ragione che nell’ambito di una ristrutturazione societaria di un’impresa in crisi è pressoché certo trovarsi dinanzi alla necessità di gestire un debito tributario e contributivo. Al riguardo, occorre precisare che, se da un lato, il Codice della Crisi ha ampliato notevolmente la platea degli strumenti a disposizione dell’imprenditore per la regolazione della crisi d’impresa, dall’altro lato, il legislatore ha previsto la possibilità di avvalersi della transazione fiscale e previdenziale solo per alcuni di essi e, in un caso, come quello della composizione negoziata della crisi d’impresa ex art. 12 e ss. del Codice della crisi, è possibile richiedere solo lo stralcio dei debiti tributari e non anche di quelli contributivi. In altre parole, l’esperto potrà proporre un accordo sul quantum solo all’Agenzia delle Entrate e non al Fisco.
Tuttavia, quando il legislatore ha inteso estendere la platea degli strumenti mediante cui poter esperire validamente una transazione fiscale lo ha fatto espressamente; si ricordi, in ultimo, proprio l’anzidetta composizione della crisi d’impresa che, all’esito di un lunghissimo percorso di elaborazione, prevede ora la possibilità per l’esperto di proporre una transazione al Fisco (ma non anche agli enti previdenziali), nonché l’introduzione del comma 1-bis all’art. 64-bis del Codice della Crisi (cd. Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione) aggiunto (in verità entrambe le novità sono state introdotte dal D.Lgs. 136/2024).
Diversamente da ciò, tutte le riforme, o meglio i correttivi, al Codice della Crisi tacciono sulla possibilità di estendere i benefici dell’accordo con il Fisco anche alle procedure previste dagli artt. 56 e 25-sexies del Codice della crisi, ovvero nell’ambito dei piani attestati di risanamento e del concordato semplificato, di talché parrebbe ragionevole concludere che tale transazione non possa essere validamente esperita nell’ambito di tali procedure in cui, d’altro canto, non è previsto il voto dei creditori, mentre, come noto, la transazione fiscale prevede l’apertura di un sub-procedimento mediante il quale il Fisco si esprime sulla proposta.