Accertamento, riscossione e contenzioso

13 Dicembre 2024

Errata adesione al CPB, rimedio in salita

Possibili rimedi in caso di errata opzione per il concordato preventivo anche se la questione non è di facile soluzione.

Nel caos di fine ottobre diversi intermediari, per distrazione o per mero errore, hanno trasmesso alcuni modello Redditi 2024 mantenendo barrate le opzioni per l’adesione al concordato preventivo anche se i clienti avevano manifestato una volontà contraria.

In situazioni di questo genere, considerato che le norme sul concordato preventivo escludono il ripensamento della manifestazione di volontà del contribuente dopo il 31.10.2024 e persino la c.d. remissione in bonis, l’errore commesso dall’intermediario rischia di essere ora difficilmente rimediabile.

Nemmeno un esame della giurisprudenza può aiutare in un caso del genere. L’opzione per il concordato rientra fra quelle manifestazioni di volontà che non consentono ripensamenti attraverso l’istituto della dichiarazione integrativa (fra tutte Corte di Cassazione n. 5728/2018).

La questione in commento presenta però dei connotati molto particolari che meritano di essere considerati.

In questi casi non siamo infatti di fronte ad un ripensamento del contribuente, ma ad un errore commesso dagli intermediari per il quale i contribuenti risultano estranei.

Anche la perentorietà del termine del 31.10.2024 per le adesioni può dirsi in qualche misura affievolita per effetto della proroga postuma, concessa dal D.L. 167/2024.

Quanto alle possibili soluzioni per tentare di rimediare agli errori compiuti, lo scenario si presenta piuttosto variegato.

Una soluzione esperibile, ed anche raccomandabile, è quella di comunicare formalmente l’errore compiuto, attraverso una PEC all’ufficio territorialmente competente. Tale comunicazione sarà assistita anche dal conseguente invio di una dichiarazione integrativa all’interno della quale verrà opportunamente eliminata la precedente adesione al concordato.

Anche una sollecitazione al Garante del contribuente potrebbe non essere da sottovalutare.

A causa della situazione di incertezza e di confusione creatasi a ridosso della scadenza inziale dei termini per l’adesione gli uffici, di fronte a tali sollecitazioni, dovrebbero adottare un atteggiamento tollerante nei confronti degli errori compiuti dagli intermediari.

Altra possibile via da esperire, oltre all’invio tempestivo di una dichiarazione integrativa senza l’adesione al concordato, potrebbe essere quella di presentare istanza di autotutela obbligatoria ai sensi del nuovo art. 10-quater dello Statuto del contribuente. La casistica in esame pare infatti riconducibile alla fattispecie di cui alla lett. e) della suddetta disposizione ovvero quella degli errori materiali facilmente riconoscibili dall’Amministrazione Finanziaria. Se all’istanza dovesse essere frapposto un diniego da parte dell’ufficio, vi sarebbe infatti la possibilità di aprire la via di un contenzioso tributario presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado territorialmente competente.

In tempi in cui si persegue ogni strumento possibile per la deflazione del contenzioso tributario la speranza è che comunque la soluzione a tali errori venga trovata in via amministrativa piuttosto che presso le Corti di giustizia tributaria.

Come anticipato la risoluzione di queste casistiche resta comunque tutta in salita. La difficoltà risiede proprio nel fatto di dover dimostrare che siamo di fronte ad un errore compiuto dall’intermediario e non un ripensamento del contribuente.

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