Diritto del lavoro e legislazione sociale

18 Maggio 2024

L’equo compenso degli avvocati

Nella seduta del 23.02.2024, il Consiglio Nazionale Forense ha approvato la nuova norma deontologica sull’equo compenso: l’avvocato non potrà concordare un compenso che non sia giusto, equo e proporzionato.

Per effetto della Riforma viene introdotto l’art. 25-bis del Codice di Deontologia forense secondo cui:

  1. L’avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.
  2. Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall’avvocato, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.
  3. La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell’obbligo di cui al secondo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento”.

Alla luce delle ultime distorte evoluzioni dell’interpretazione sostanziale del principio di libertà nella determinazione dei compensi, il CNF da tempo ammonisce gli avvocati che accettano compensi pressocché ridicoli, che quindi sminuiscono fortemente il ruolo dell’avvocato relegandolo a mero impiegato delle leggi, esortando i professionisti a dimostrare più orgoglio e fierezza rispetto a quanto, ahimè, si è soliti assistere.

Tuttavia, e purtroppo, tali esortazioni sono rimaste lettere vuote, di talché si è reso necessario modificare il Codice Deontologico per impedire ad alcuni avvocati di scendere a compromessi svilenti per la professione. Tale circostanza appare assai grave laddove certifica, da un lato, l’incapacità dei Colleghi di autodeterminarsi e, dall’altro, l’assoluto disinteresse (sempre di alcuni) riguardo alla tutela dell’onorabilità e del decoro dell’avvocatura.

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