Società e contratti
27 Agosto 2024
La Corte di Cassazione (sentenza 21.08.2024, n. 23015) è tornata sulla controversa questione dell’istituto dell’enunciazione ai fini dell’imposta di registro ex art. 22 TUR, ribadendo che il verbale di un’assemblea dei soci di una società di capitali riassume la struttura tipica dell’atto enunciante.
L’art. 22, c. 1, TUR dispone che “Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69”.
Per l’orientamento ormai solido della Cassazione proprio il tenore letterale della disposizione in esame consente di ritenere che, ai fini fiscali dell’enunciazione, non rilevi la parte in senso contrattuale, ma piuttosto il soggetto che ha partecipato ai 2 atti (enunciante ed enunciato: nella caso in questione, finanziamento dei soci e deliberazione assembleare (Cass. 8.02.2023, n. 3841).
Per il Giudice di Cassazione la ratio del requisito soggettivo posto dall’art. 22, (identità delle parti dell’atto enunciato e intervenute nell’atto enunciante) va ricercata nel “fine di evitare che un soggetto si ritrovi sottoposto al prelievo fiscale in conseguenza di comportamenti a lui non imputabili”.