ETS ed Enti non commerciali
05 Febbraio 2024
Con una norma di interpretazione autentica, la legge di Bilancio 2024 ha dettato le condizioni alle quali il contratto di comodato tra 2 enti non commerciali consente l’esenzione da Imu degli immobili del concedente.
L’art. 1, c. 759, lett. g) della legge di Bilancio 2020 dispone che sono esenti da Imu gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali (requisito soggettivo) di cui all’art. 7, c. 1, lett. i) D.Lgs. 504/1992, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella citata lett. i), ossia attività assistenziali, previdenziali, sanitarie di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché attività di cui all’art. 16, lett. a) L. 222/1985 (requisito oggettivo). Questa norma, nei suoi contenuti, è stata ripresa anche dall’art. 82, c. 6 D.Lgs. 117/2017, relativamente alla esenzione Imu degli immobili degli ETS non commerciali.
Non è mai stato chiaro, fin dall’inizio, se l’utilizzo del bene dovesse essere “diretto” da parte del possessore (come sostenuto dalla giurisprudenza) o potesse essere anche indiretto (contratto di comodato gratuito).
In sede di approvazione della legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023), è stata inserita (vedi art. 1, c. 71) una norma di interpretazione autentica dell’art. 1, c. 759, lett. g) della legge di Bilancio 2019, con decorrenza retroattiva, stabilendo, peraltro, 2 punti importanti:
Per intendere la portata della norma, occorre ricordare che, con la risoluzione 4.03.2013, n. 4/DF, il MEF aveva riconosciuto l’esenzione da Imu in tutti i casi di concessione in comodato, da parte di un ente non commerciale avente i requisiti di cui all’art. 7 c. 1, lett. i) D.Lgs. 504/1992, di un immobile ad altro ente non commerciale per la gestione di attività sociali. Tale agevolazione, d’altro canto, era sempre stata negata dalla Corte di Cassazione con un orientamento consolidato (si veda, ad esempio, Cassazione nn. 9444/2023, 15372/2022, 3245/2021, 13691/2019), secondo il quale l’esenzione si applica solo nel caso in cui un bene sia concesso in comodato gratuito, a condizione che tra i 2 enti, comodante e comodatario, sussista un rapporto di stretta strumentalità nello svolgimento delle attività previste dalla norma agevolativa, che autorizza a ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima “architettura strutturale” (Cass. Civ., ord. 21.03.2018, n. 8073).
Quanto al primo punto, la legge di Bilancio 2024, tenendo conto dei rilievi della giurisprudenza richiamati sopra, ha previsto che l’esenzione spetta alla condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività di cui all’art. 7, c. 1, lett. i) D.Lgs. 504/1992 con modalità non commerciali e che sia funzionalmente e strutturalmente collegato al concedente.
L’interpretazione di questi due avverbi non appare pacifica e, sicuramente, ci sarà bisogno di chiarimenti da parte degli organi competenti. Appare, comunque, logico pensare che tra i 2 enti debba esservi un rapporto organico e non occasionale, eventualmente (ma non necessariamente) testimoniato dai rispettivi statuti sia in ordine alla mission che all’attività svolta. Da un punto di vista strutturale, benché non siano ancora disciplinati i gruppi di enti non profit, tuttavia, si può pensare a un legame tra 2 enti in cui uno (comodante) è ente promotore dell’altro e si riserva una posizione dominante nella governance dell’altro.
Per quanto riguarda il requisito della funzionalità, alternativo al precedente, si può ritenere che l’attività svolta dal comodatario sia complementare e strumentale rispetto a quella svolta dal comodante. Si pensi, ad esempio, a un immobile concesso in comodato gratuito a un ente non commerciale per lo svolgimento di attività educativa, da parte di un ente ecclesiastico che svolge attività didattica.
Quanto al secondo punto, l’art. 1, c. 71 della legge di Bilancio stabilisce che l’art. 1, c. 759, lett. g) L. 160/2019, nonché le norme da questo richiamate o sostituite, si interpretano per gli effetti di cui all’art. 1, c. 2 L. 212/2000, nel senso che “gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’art. 7, c. 1, lett. i) D.Lgs. 504/1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità”. L’esenzione da Imu compete non solo quando nell’immobile vengono svolte le attività meritevoli citate al primo punto, ma anche qualora l’immobile mantenga, in via potenziale, la strumentalità all’attività pur in assenza di esercizio attuale delle attività stesse. È il caso, ad esempio, di un immobile destinato a una delle attività meritevoli di cui sopra in cui è sospesa l’attività per lavori di ristrutturazione.