Altre imposte indirette e altri tributi
03 Agosto 2024
Anche tra privati può essere contestato l’abuso del diritto se l’operazione è preordinata all’indebito conseguimento di un vantaggio fiscale non giustificato da valide ragioni economiche diverse dall’obiettivo di conseguire un risparmio di imposte.
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza 25.07.2024, n. 20673, ha affermato che, in una operazione tra privati, può essere contestato l’abuso del diritto se l’operazione è preordinata all’indebito conseguimento di un vantaggio fiscale non giustificato da valide ragioni economiche diverse dall’obiettivo di conseguire un risparmio di imposte.
Nel caso esaminato una persona aveva comprato un’abitazione con le agevolazioni “prima casa” dichiarandosi impossidente per aver trasferito 2 giorni prima, al proprio fratello, la casa preposseduta mediante un mandato a vendere (ex art. 1719 c.c.) senza rappresentanza, corrispondendo altresì l’imposta di donazione oltre la franchigia di 100.000 euro ai sensi dell’art. 2, c. 49 D.L. 262/2006 (è opportuno ricordare che il caso si è svolto prima del 2016, ovvero anteriormente all’entrata in vigore del comma 4-bis della Nota II-bis posta in calce all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986, che oggi concede una moratoria di un anno, dall’acquisto agevolato, per alienare la ex “prima casa”).
In questo contesto, l’Agenzia delle Entrate contestava la mancanza delle condizioni per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, ritenendo che il trasferimento dell’ex “prima casa”, a favore del fratello in esecuzione del mandato a vendere non le fosse opponibile in quanto le operazioni negoziali, pur formalmente legittime, sarebbero state prive di sostanza economica, poiché realizzavano esclusivamente un vantaggio fiscale indebito costituito dall’ottenimento delle agevolazioni “prima casa”.
La Cassazione ha confermato la tesi dell’Agenzia delle Entrate, affermando che, in tema di benefici fiscali “prima casa”, integra il comportamento in abuso del diritto (ex art. 10-bis L. 212/2000) il mandato a vendere un immobile a uso abitativo e il successivo acquisto, da parte del mandante, di un secondo alloggio abitativo con l’applicazione dell’agevolazione “prima casa” (ciò in quanto in questa situazione è assente il requisito della non possidenza di altro fabbricato idoneo ad abitazione).
Questa conclusione è stata avvalorata dalla considerazione che il trasferimento operato dal mandante a favore del mandatario senza rappresentanza ai fini dell’esecuzione del mandato alla vendita non è in grado di determinare un definitivo arricchimento del mandatario, trattandosi di un trasferimento soltanto temporaneo e strumentale (e, quindi, non idoneo a generare in capo al mandante la situazione di impossidenza che occorre per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”).
Sotto il profilo dell’abuso del diritto, secondo gli Ermellini, la contribuente non avrebbe dimostrato la sussistenza di valide ragioni extrafiscali (al riguardo è stata evidenziata l’impossibilità di considerare tale il timore di aggressione dell’immobile da parte del marito nel corso del procedimento di divorzio in corso).
L’orientamento espresso in realtà non convince. Infatti, l’art. 10-bis, c. 3 dello Statuto del contribuente, nel riconoscere la “non abusività” per certe operazioni, contempla solo quelle compiute nell’ambito della sfera professionale o imprenditoriale e non anche quelle tra privati. Inoltre, nel caso specifico, il comportamento tenuto appare più propriamente riconducibile a un’ipotesi di simulazione e non di abuso del diritto.