Diritto
06 Dicembre 2022
Tra la gestione del patrimonio del beneficiario e la cura della sua persona alla responsabilità per danni subiti, omissioni o gestione non corretta del soggetto privo di autonomia.
L’art. 410 c.c. dispone che l’Amministratore, nello svolgimento delle proprie funzioni, deve tenere conto “dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario”. Egli, inoltre, ha l’obbligo di informare il beneficiario degli atti che intende compiere e, in caso di dissenso con quest’ultimo, dovrà necessariamente rivolgersi al Giudice Tutelare.
Tale disposizione deve essere letta tenuto conto della finalità dell’istituto dell’Amministrazione di sostegno: tutelare i soggetti privi di autonomia “con la minore limitazione possibile della capacità d’agire” e in correlazione all’art. 409 c.c. secondo cui “il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’Amministratore di sostegno”.
È possibile, quindi, affermare, che il beneficiario, nonostante la nomina di un Amministratore di sostegno, non perde sicuramente la capacità di compiere da solo gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (in quanto può compierli “in ogni caso” ai sensi dell’art. 409 c.c.); né perde la capacità di compiere anche gli altri atti, salvo che essi ricadano tra quelli che richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’Amministratore di sostegno. Ne discende, secondo alcuni studiosi, che il beneficiario dell’Amministrazione di sostegno, al di là degli atti per cui è esclusa, conserva la propria capacità negoziale.
In merito ai doveri e ai compiti che l’Amministratore di sostegno è tenuto a compiere deve sottolinearsi che, a differenza dell’interdizione e dell’inabilitazione, l’Amministratore sarà gravato oltre che dalla gestione del patrimonio del beneficiario, altresì, della cura della sua persona.
Nella pratica, gli atti che più comunemente l’Amministratore di sostegno è tenuto a porre in essere in nome e per conto del beneficiario sono i seguenti:
L’Amministratore di sostegno, dal momento della sua nomina, non potrà essere nominato erede dal beneficiario a meno che non sia un parente prossimo e, per interposta persona, solo dopo che sia stato approvato il rendiconto finale.
È il decreto di nomina reso dal Giudice Tutelare che indica puntualmente i poteri dell’Amministratore di sostegno, suscettibili di modifiche in base alle esigenze che, nel tempo, il beneficiario manifesta.
Devono, però, distinguersi i compiti di assistenza da quelli di rappresentanza:
È evidente che la differenza è sostanziale, soprattutto avuto riguardo alla validità dell’atto.
L’art. 412 c.c. stabilisce che “Gli atti compiuti dall’Amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all’oggetto dell’incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell’Amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa”.
Invero, è necessario sottolineare le dovute differenze riguardo la patologia degli atti:
La responsabilità dell’Amministratore di sostegno ha natura contrattuale atteso che i doveri di quest’ultimo sorgono a seguito della nomina resa dal Giudice Tutelare che dà vita ad un rapporto obbligatorio tra il medesimo ed il beneficiario. Pertanto, qualora l’Amministratore compia atti dannosi, posti in essere con negligenza ovvero in eccesso di potere rispetto all’oggetto dell’incarico affidatogli o in contrasto con gli interessi del beneficiario, potrà rispondere dei danni eventualmente subiti dal beneficiario e/o da terzi.
Inoltre, l’Amministratore di sostegno potrà rispondere, sia in sede civile, sia in sede penale, per omissioni o mala gestio nei confronti del beneficiario.
Non risponderà mai per fatti aventi rilievo penale compiuti dal beneficiario.