Amministrazione e bilancio

26 Febbraio 2025

Distinzione tra minusvalenza e perdita su crediti

La Cassazione, con l’ordinanza 18.02.2025, n. 4223, si è pronunciata in ordine alla qualificazione della cessione di un credito pro-soluto a un prezzo inferiore all’effettivo valore di tale credito.

Sulla questione trattata dall’ordinanza della Cassazione n. 4223/2025 (se minusvalenza derivante da un atto di disposizione, ex art. 101, c. 1, oppure di perdita su crediti ai sensi dell’art. 101, c. 5, Tuir) anche la dottrina accademica risulta essere divisa.

Una parte di essa opta per la deducibilità della componente negativa del reddito derivante dalla cessione del credito pro-soluto, reputandola una “minusvalenza”. Tale filone dottrinale sostiene che le minusvalenze sono caratterizzate dalla conversione del credito in altra forma di ricchezza, per cui nascono da un assetto negoziale bilaterale e oneroso. Il “realizzo” di cui all’art. 101, c. 1 del Tuir presuppone a monte un atto di cessione del diritto verso corrispettivo, per cui se vi è una cessione onerosa del credito, la componente negativa reddituale emerge per la contrapposizione tra il costo fiscalmente riconosciuto del bene ceduto e il prezzo di cessione. La conseguenza è che in tali casi non occorre che sussista la “certezza” della perdita, come accade invece per la perdita su crediti di cd. tipo valutativo. Nella cessione pro-soluto, poi, non viene meno la prospettiva della aleatorietà dell’incasso, in quanto il cedente garantisce l’esistenza del diritto, ma non la solvibilità del debitore ceduto. Si sottolinea, peraltro, che non può escludersi, anche in queste condotte, un’ipotesi di abuso del diritto, in quanto l’elusione potrebbe configurarsi non tanto nel contratto di cessione del diritto, quanto nella fase anteriore di acquisizione del bene. Dovranno però individuarsi l’abnorme assetto negoziale, il risparmio di imposta indebito e la mancanza di rilevanti ragioni extra fiscali.

Secondo, invece, altra parte della dottrina, quando il credito è ceduto pro-soluto a un prezzo inferiore al suo effettivo valore si sarebbe in presenza di una perdita su crediti. L’art. 101, c. 1 del Tuir raccorda il riferimento esclusivamente alla nozione di “beni”, ma non di “crediti”, che sono menzionati soltanto nel c. 5 del predetto art. 101. La nozione di perdita su crediti, quindi, attrae anche quei differenziali di valore realizzati in sede di cessione onerosa che per gli altri beni rappresentano invece minusvalenze patrimoniali.

La Cassazione, nei suoi pochi precedenti sulla questione, ha ritenuto che l’ipotesi della cessione del credito pro-soluto a prezzo inferiore a quello nominale vada annoverato tra le “perdite su crediti” e non tra le minusvalenze. In particolare, con la sentenza n. 13181/2000, il giudice di Cassazione ebbe ad affermare che i crediti possono essere ricompresi nelle immobilizzazioni o nell’attivo circolante. La distinzione tra le due voci va rinvenuta nell’art. 2424-bis c.c., a mente del quale “gli elementi patrimoniali destinati a essere utilizzati durevolmente debbano essere iscritti fra le immobilizzazioni”. Pertanto, nel caso esaminato da quella decisione, trattandosi di crediti verso clienti, gli stessi non potevano rientrare fra le immobilizzazioni finanziarie e dovevano essere iscritti, secondo lo schema dello stato patrimoniale, nell’attivo circolante, generando possibili perdite non confondibili con le minusvalenze.

Più di recente la Cassazione (sent. 24.07.2014, n. 16823) ha ripreso il tema delle perdite derivanti da cessione di credito, a motivo dello squilibrio fra il valore nominale dei crediti ceduti e il corrispettivo pattuito per la cessione e ha ribadito che la cessione pro-soluto dei crediti ritenuti inesigibili non dà luogo a minusvalenze patrimoniali deducibili, ma comporta la deducibilità degli stessi solo nel caso ricorrano le condizioni di cui all’art. 101, c. 5 del Tuir, ossia che le perdite risultino da elementi certi e precisi ovvero che il debitore sia stato assoggettato a procedure concorsuali.

La tesi che interdice la ricongiunzione tra le minusvalenze delle perdite sui crediti risultanti dalla cessione pro soluto, che la Corte privilegia anche nell’ordinanza in commento, raccorda, in modo che si ritiene condivisibile, il discrimine tra “perdite su crediti” e “svalutazione di crediti” alla “definitività” del venir meno della posta attiva, nel senso che, alla stregua di un giudizio prognostico, si ha perdita del credito quando esso è divenuto definitivamente inesigibile, mentre si ha svalutazione quando il credito è solo temporaneamente non realizzabile.

Resta, in ogni caso necessaria, per la Cassazione, la sussistenza del requisito fondamentale dell’inerenza ex art. 109, c. 5 del Tuir, che vale per tutte le componenti negative di reddito, siano esse minusvalenze ai sensi dell’art. 101, c. 1, siano esse perdite su crediti, ai sensi dell’art. 101, c. 5 (Cass. 14.01.2015, n. 447).

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