Imposte dirette
25 Marzo 2024
Secondo una certa giurisprudenza tributaria, il criterio di riparto dei costi pluriennali divergerebbe a seconda del regime fiscale adottato, perché solo i soggetti che redigono il bilancio possono far derivare il diritto di deduzione fiscale dall’art. 2426, c. 1, n. 5 c.c.
Il Giudice tributario di Padova (sentenza n. 19/2023) in ordine ad una contestazione mossa dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un soggetto in regime fiscale semplificato e relativa alla mancata condivisione del criterio fiscalmente optato dal contribuente di riparto temporale in 2 anni di una spesa ad utilità pluriennale (invece di 5 anni), a fronte dei rilievi tutti incentrati (sia da parte del contribuente che dalla Finanza) sull’art. 2426, c. 1, n. 5 c.c., ha ritenuto corretto individuare in 5 anni il riparto della spesa in controversia ai sensi dell’art. 108, c. 1 del Tuir, in quanto le indagini ermeneutiche relative all’operatività dell’art 2426 c.c. possono riguardare solo i soggetti in regime ordinario.
In sintesi, quindi, la disciplina fiscale del reddito d’impresa per i soggetti in regime fiscale semplificato non può mai derivare dai criteri di valutazione del bilancio ex art. 2426 c.c., a motivo della mancata redazione del bilancio medesimo, e quindi estranei ad ogni forma di derivazione semplice o rafforzata dal bilancio nella determinazione del reddito imponibile.