Diritto del lavoro e legislazione sociale
06 Aprile 2024
La quota del TFR spettante al coniuge titolare di assegno divorzile concerne le sole indennità comunque denominate che, maturando in quel momento, sono determinate in proporzione della durata del rapporto lavorativo e dell’entità della retribuzione corrisposta al lavoratore.
L’art. 12-bis L. 898/1970 prevede che il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di proscioglimento o di cessazione degli effetti civili di matrimonio ha diritto, se non passa a nuove nozze e in quanto sia titolare di un assegno divorzile, al 40% dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità venga a maturare dopo la sentenza di divorzio.
Parte della giurisprudenza è orientata nel senso di far rientrare nell’indennità il cd. “incentivo all’esodo”, ovvero quella prestazione cui, in base a un intercorso accordo negoziale, è tenuto il datore di lavoro a fronte della disponibilità manifestata dal lavoratore, di addivenire allo scioglimento anticipato del rapporto lavorativo (Cass. 14171/2016) fondando il proprio convincimento sulla circostanza che le somme corrisposte a tale titolo non avrebbero natura liberale, né eccezionale, costituendo reddito da lavoro dipendente, tanto da ricevere il medesimo trattamento fiscale.
A detto orientamento si contrappongono pronunce più risalenti (Cass. 3294/1997) che interpretano restrittivamente il campo di applicazione dell’articolo citato limitatamente all’indennità richiamata, maturata alla cessazione del rapporto di lavoro e determinata in proporzione alla durata del rapporto medesimo e dell’entità della retribuzione corrisposta al lavoratore.