Immobiliare
13 Febbraio 2023
La nuova disciplina Ue sta prefigurando ulteriori oneri sui contribuenti, sia che affrontino le spese di ristrutturazione, sia che rinuncino per l’onerosità dei costi.
Secondo una prossima Direttiva UE, entro il 1.01.2030 tutti gli immobili residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E; nel 2033, dovranno arrivare alla classe D ed essere ad emissione zero tra il 2040 e il 2050; questo obbligherà i cittadini degli Stati membri a ristrutturare il patrimonio edilizio.
Gli immobili che non verranno ristrutturati perderanno di valore, prefigurando una nuova tegola in capo ai contribuenti, sia che affrontino le spese di ristrutturazione sia che rinuncino per l’onerosità dei costi.
Più in particolare, il testo della direttiva, tuttora in discussione, sembrerebbe prevedere che entro il 1.01.2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere realizzati ad emissioni zero, mentre gli immobili già esistenti dovranno raggiungere almeno la classe energetica E; successivamente, dopo altri 3 anni, nel 2033, dovranno arrivare alla classe D, ed essere ad emissione zero nel periodo compreso tra il 2040 e il 2050. Saranno previste anche sanzioni ai singoli Stati che non adempiono all’obbligo; tra le iniziali proposte, poi, c’è anche l’ipotesi di impedimento della vendita o dell’affitto dell’immobile.
Secondo la Commissione europea, ridurre queste emissioni è un passo fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050; la revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici fa parte del pacchetto “Fit to 55%” e mira ad adottare politiche più green per l’edilizia in Europa.
Secondo una recente interrogazione parlamentare presentata al Ministro per gli Affari europei, una transizione del genere e con questi tempi rappresenterebbe una vera e propria “stangata” per i cittadini italiani; secondo i dati dell’Associazione dei costruttori, inoltre, oltre 9 milioni di edifici su 12,2 milioni diventerebbero “fuori legge”.
Occorre tenere conto, peraltro, che l’Italia vanta una complessa rete di borghi e piccole frazioni caratterizzate da immobili secolari, sia pure non qualificati come edifici di interesse storico, gran parte dei quali adibiti ad abitazione principale.
Le conseguenze certe di tale direttiva sarebbero, dunque, che in moltissimi casi gli interventi richiesti rischieranno di essere concretamente irrealizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati o, in alternativa, potrebbero esserlo alla sola condizione di deturparli; inoltre tali interventi comporterebbero una spesa inaccettabile per mantenere il valore degli immobili esistenti e, al contempo, una tensione sul mercato, con ulteriori aumenti spropositati dei prezzi delle materie prime e di manodopera qualificata.
Consci dell’importanza delle tematiche ambientali, occorrerebbe trovare un modo per perseguire l’efficienza energetica senza determinare conseguenze drammatiche per il nostro patrimonio immobiliare.
Al riguardo, il Ministro per gli Affari europei ha assicurato che il Governo si impegnerà a definire a livello europeo norme compatibili con il patrimonio edilizio italiano. L’onere finanziario, inoltre, dovrà essere mitigato da incentivi concordati con la UE.