Agricoltura ed economia verde
14 Maggio 2024
Via libera alla Direttiva Casa Green: dal 2030 emissioni zero per i nuovi edifici; ristrutturazione graduale degli immobili, a partire da quelli con le peggiori prestazioni; caldaie a gas consentite fino al 2040.
L’Ecofin ha dato il via libera alla Direttiva Case Green (EPBD – Energy Performance of Buildings Directive) relativa al risparmio energetico degli edifici, confermando l’accordo raggiunto con il Parlamento europeo lo scorso dicembre.
La Direttiva definisce obiettivi per ridurre il consumo energetico complessivo degli edifici in tutto il territorio UE, tenendo conto delle specificità nazionali. In sintesi:
Confedilizia, fin dal 2021, ha portato avanti una battaglia per contrastare l’impostazione dirigista e coercitiva della direttiva e, grazie alla collaborazione fra Governi, sono state ottenute diverse modifiche significative.
Si è passati dal divieto di vendere e locare gli immobili privi di determinate caratteristiche energetiche (previsto dalla prima bozza), all’obbligo di raggiungere specifiche classi energetiche entro ravvicinate date prestabilite (testo precedente a quello approvato), per arrivare alla stesura definitiva, che impone agli Stati di raggiungere determinate riduzioni percentuali del consumo medio di energia degli immobili.
Appare importante chiarire che nessun obbligo cogente di intervento sugli immobili è ad oggi previsto. Solo il Governo potrebbe imporlo, in fase di recepimento della direttiva. Ci sono ancora due anni di tempo, ma non è escluso che in questo periodo la Direttiva non possa essere ulteriormente modificata nella prossima legislatura europea.
Possiamo dire che “è andata meno peggio del previsto”; non si tratta sicuramente di un attacco alle case degli italiani. Ci si pone l’obiettivo di emissioni Zero entro il 2050 per l’intero parco immobiliare dell’Unione Europea e l’intesa politica prevede vincoli molto più soft.
In merito al fatto che dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti per avere emissioni zero, possiamo tranquillamente pensare che: ci penserà chi costruirà una casa nel futuro. La vera domanda da porsi è: cosa accadrà agli immobili esistenti? Dovremo fare adeguamenti importanti? Ci sarà impedito di vendere questi immobili? La Direttiva definisce degli obiettivi e non dei veri e propri vincoli. Quindi bisognerà concentrarsi su come la Direttiva verrà implementata a livello nazionale.
Almeno il 16%, rispetto al 2020, degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni dovrà essere ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035, che sarà verosimilmente realizzato attraverso interventi come: il cappotto termico, la sostituzione degli infissi, nuove caldaie, pannelli solari. Obiettivo finale: un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050.
Per garantire flessibilità ai governi, le misure di ristrutturazione adottate dal 2020, come il Superbonus, saranno già conteggiate ai fini degli obiettivi prefissati e gli Stati potranno scegliere se applicare esenzioni per gli edifici storici. Da questi interventi potranno essere esclusi i palazzi storici, le case vacanza, gli edifici di culto.
Nello specifico, i possibili immobili esclusi dalla direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifici apparterrebbero a diverse categorie:
Ci sarà l’addio alle caldaie a gas entro il 2040, mentre dal 2025 saranno eliminati gli incentivi per i sistemi di riscaldamento a combustibili fossili e dovranno essere introdotti contributi per gli impianti di nuova generazione, come quelli ibridi che combinano le caldaie con le pompe di calore e il solare termico.
Trimestrale che affronta in modo operativo le problematiche inerenti la gestione fiscale, contabile e amministrativa degli immobili e del settore edile.
Ogni Stato ha le proprie particolarità. L’Italia è fatta di piccoli proprietari, mentre in Germania ci sono parecchi colossi immobiliari che detengono migliaia e migliaia di appartamenti; per loro è più facile fare operazioni di ristrutturazione rispetto all’Italia in cui, magari, nello stesso condominio ci sono 100 diverse famiglie proprietarie e, quindi, mettere d’accordo 100 teste, più o meno pensanti, è difficile ed è quindi oggettivamente più complesso realizzare azioni di efficientamento energetico in presenza di una frammentazione del patrimonio immobiliare.
Non è definito cosa accadrà per coloro che non vorranno/potranno rendere efficienti le proprie abitazioni. Probabilmente nulla, in quanto se gli obiettivi non saranno raggiunti a livello nazionale, è ipotizzabile che l’UE preveda delle sanzioni per il singolo Stato che non sia stato in grado di mettere in campo le azioni decise: forse niente di diverso da quanto già accade da anni in materia di “smog” e inquinamento atmosferico.
L’importante è chiedersi come tali normative impatteranno sul mercato immobiliare, che, probabilmente, si comporterà come il mercato delle automobili. Così come si controlla attentamente se l’auto usata è Euro 3, Euro 4, o Euro 6, si valuteranno i costi di mantenimento energetico di un immobile e le sue prestazioni energetiche e ambientali.
Resta il nodo delle risorse da stanziare per finanziare gli interventi. Senza un minimo di incentivi e cessione del credito non c’è direttiva che tenga, soprattutto considerando le difficoltà delle famiglie. Come se non bastasse, sul tema si registra il recente addio allo sconto in fattura e alla cessione del credito, con l’ulteriore previsione di una dichiarazione preventiva per gli interventi agevolati in edilizia. Quindi l’interrogativo finale verte su come si potrà conciliare il raggiungimento di un obiettivo così ambizioso sul fronte dell’efficientamento energetico con gli strumenti di finanza pubblica, già pesantemente in difficoltà.