L’art. 2751-bis, n. 2 C.C. prevede il privilegio generale sui mobili per i crediti riguardanti le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi 2 anni di prestazione.
Detto privilegio è senz’altro riconosciuto allorché
l’attività professionale sia stata svolta per conto e a favore del fallito; dubbi sorgono qualora il credito nasca da un’attività posta in essere per conto di un soggetto differente che agisca nei confronti della società (poi) fallita e per la quale l’avvocato abbia ottenuto la
distrazione delle spese a suo favore e, quindi, la
legittimazione ad agire nei confronti della controparte per il pagamento dei propri onorari.
La Suprema Corte, con sentenza 1211/1977, aveva già chiarito che “
a norma dell’art. 2749 C.C., non derogato dall’art. 54 della legge fallimentare, il privilegio accordato al credito si estende soltanto alle spese ordinarie per l’intervento nel processo esecutivo e non anche alle spese processuali sostenute nel giudizio di cognizione in cui il suddetto credito è stato accertato. Il diritto al rimborso delle spese del giudizio di cognizione non è assistito da privilegio neanche a norma dell’art. 2751, n. 5 C.C. (oggi 2751-
bis, n. 2)
ancorché sia fatto valere nel fallimento della controparte soccombente, dal difensore antistatario del creditore, poiché tale diritto attiene, pur sempre, al pagamento di spese giudiziali, è suscettibile di assumere tale natura soltanto quando nasca dal rapporto diretto corrente fra il difensore ed il proprio cliente”.
Riconfermando l’orientamento sopra citato il Supremo Collegio, con ordinanza 15.09.2017, n. 21482,
ha negato il privilegio al procuratore antistatario nel fallimento della controparte soccombente, in conformità ad una lettura restrittiva e letteraria della norma, laddove questa riconosce il privilegio alle “
retribuzioni dei professionisti”, dizione che n
on si presta propriamente a ricomprendere le spese giudiziali liquidate in favore del distrattario.
La norma trova applicazione solo qualora l’attività professionale
sia stata svolta per conto e a favore del fallito e non anche quando il credito trovi la propria origine in un’attività posta in essere a favore di un terzo.
Il privilegio in esame riguarda solo il credito per il compenso relativo all’opera prestata al fallito; da ciò ne discende, quale logico corollario, che esso non vada riconosciuto ai crediti del difensore distrattario, in quanto questi non fa valere il titolo nei confronti del proprio cliente, ma nei confronti della controparte a cui non è legato da alcun rapporto professionale.