IVA
12 Dicembre 2024
Secondo la Cassazione penale, commette il reato di dichiarazione infedele chi applica erroneamente il reverse charge in luogo del regime del margine.
Il caso trattato trae origine da un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di oreficeria con il quale veniva contestata l’indicazione nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione Iva di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo per importi oltre la soglia di rilevanza penale, con conseguente contestazione, nei confronti dell’amministratore della stessa società, del reato di dichiarazione infedele ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. 74/2000. Nel caso di specie, la società aveva applicato il regime del reverse charge, ai sensi dell’art. 17, c. 5 D.P.R. 633/1972, alle cessioni di beni usati in oro e tale comportamento veniva sanzionato dall’Agenzia delle Entrate in quanto alla fattispecie oggetto di accertamento sarebbe stato applicabile il regime del margine.
La norma sopra richiamata dispone testualmente che, per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’art. 10, n. 11), nonché per le cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato.