Imposte dirette
26 Gennaio 2023
Il superamento dei limiti di ricavi/compensi determina il passaggio nel regime ordinario, con impatto ai fini Iva e reddituali. Si esamina il caso dell’emissione di fattura in regime forfetario e successivo incasso come ordinario.
La fattispecie prospettata, come evidenziato in premessa, comporta specifici riflessi sia ai fini Iva sia in tema di imposte sul reddito. Sul punto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la circolare 30.05.2012, n. 17/E, dove ha puntualizzato, in prima battuta, che i contribuenti che applicano il regime fiscale di vantaggio non possono esercitare il diritto di rivalsa né detrarre l’Iva assolta sugli acquisti nazionali e comunitari e sulle importazioni. Simmetricamente, la fattura, lo scontrino o la ricevuta fiscale emessi sono emessi senza possibilità di addebitare l’imposta medesima.
Ciò premesso, qualora un soggetto che ha i requisiti per aderire al regime fiscale di favore (fino al 2011, il regime degli ex minimi) emetta una fattura senza esercitare la rivalsa e il cessionario effettui il pagamento nell’anno successivo, ciò deve essere valutato alla luce delle regole previste dal D.P.R. 633/1972 e dal D.P.R. 600/1973, indipendentemente dal fatto che il cambio di regime sia avvenuto per opzione o per effetto del superamento delle soglie dei ricavi/compensi stabiliti dalla legge (65.000 euro fino al 31.12.2022, 85.000 euro dal 2023). Ebbene, in tale situazione, stante il passaggio nel regime ordinario, a nulla rilevando la data di pagamento, la fattura non dovrà essere integrata con l’Iva. Si giunge a questa conclusione poiché, ai sensi dell’art. 6, c. 4 D.P.R. 633/1972, l’operazione si intende comunque effettuata al momento dell’emissione della fattura (anche se diverso da quello in cui un’operazione si considera effettuata ai sensi dei cc. 1 e 3 dello stesso articolo). Riportando l’esempio della circolare – e lo stesso vale anche se i riferimenti fossero ai periodi d’imposta 2022 e 2023, le fatture emesse da un ex minimo (ora forfetario) nel 2011 (2022) e incassate nel 2012 (2023) non dovranno essere integrate con l’assoggettamento a Iva anche se il soggetto, volontariamente o per il superamento dei limiti di legge, è fuoriuscito dal regime in commento.
Ai fini reddituali occorre valutare anche gli effetti in tema di ritenuta d’acconto. I forfetari non sono soggetti a ritenuta d’acconto e, sotto questo profilo, il soggetto che ha ricevuto la fattura nel 2022, pur avendola pagata nel 2023, non può essere tenuto a conoscere se il professionista ha variato regime contabile e fiscale. In altri termini, per quanto la norma ponga a carico del sostituto d’imposta l’onere di effettuare la ritenuta d’acconto ancorché non esposta, non può essere a carico di chi riceve la fattura indagare sul regime fiscale adottato da chi ha emesso il documento. Il destinatario della prestazione professionale, infatti, deve esclusivamente appurare se nella fattura è espressamente indicata la ragione giuridica della mancata esposizione della ritenuta e, solo in difetto, operarla. Ciò significa che se il professionista ha esposto la dicitura “Compenso non soggetto a ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 1, c. 67 della legge 23.12.2014, n. 190”, tale dichiarazione solleva il potenziale sostituto d’imposta dall’onere di operare la trattenuta nella misura di legge.
Ciò rilevato, per effetto del principio di cassa effettivo, l’importo concorrerà alla formazione del reddito nel 2023. Infine, qualora l’ex forfetario comunichi il passaggio al regime ordinario in tempo utile per il versamento della ritenuta (entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento), così ricevendo in pagamento l’importo al netto della stessa, la ritenuta sarà scomputata dall’imposta sostitutiva che risulterà dovuta in sede di dichiarazione dei redditi.