IVA

15 Novembre 2024

Cosa comporta la mancata integrazione delle fatture in reverse charge?

La mancata integrazione di una fattura in reverse charge da parte del cessionario committente comporta l’applicazione di una specifica sanzione amministrativa con un minimo di 500 euro.

Le operazioni assoggettate al reverse charge prevedono l’emissione di fatture senza Iva da parte dei cedenti o prestatori. Questi ultimi, se nazionali, indicano l’apposita natura dell’operazione N6.x per specificare la mancata applicazione dell’Iva e la tipologia di appartenenza dell’operazione (cessione di rottami e altri materiali di recupero N6.1, cessione di fabbricati N6.4, subappalto edile N6.3, prestazioni comparto edile e settori connessi N6.7, settore energetico N6.8, ecc.) e la dicitura INVCONT nel campo 2.2.1.16.1 «TipoDato» del blocco 2.2.1.16 «AltriDatiGestionali».

È il cessionario committente debitore di imposta ai sensi dell’art. 17, D.P.R. 633/1972 che assolve l’Iva mediante integrazione del documento ricevuto.

Per integrazione del documento si intende almeno una delle seguenti operazioni:

– aggiunta manuale dell’Iva sulla fattura ricevuta (valido ancora per le fatture estere non elettroniche);

– la predisposizione di un documento separato ma collegato alla fattura ricevuta riportante tutti gli elementi richiesti;

– l’invio al SdI del Tipodocumento TD16 per reverse charge interno (non obbligatorio) o TD17, TD18 e TD19 per reverse charge estero (obbligatorio ai fini della comunicazione delle operazioni transfrontaliere di cui all’art. 1, c. 3-bis D.Lgs. 137/2015) che sarà recapitato solo al cessionario committente.

Nei primi due casi occorre conservare l’integrazione secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 13.07.2022, n. 26/E.

Si evidenzia come gli obblighi di integrazione di un documento ricevuto, da un lato, e la comunicazione delle operazioni transfrontaliere per i Tipodocumento TD17, TD18 e TD19, dall’altro, sono tra loro autonomi, seppure un unico adempimento possa, in taluni casi, soddisfare entrambi. Non vi è, dunque, obbligo di assolvere ai doveri di integrazione/autofatturazione mediante la procedura di trasmissione dei dati tramite file xml utilizzando i tipo documento TD17, TD18 e TD19 (tale integrazione/autofattura potrebbe avvenire appunto anche in forma analogica), ma il mancato o il tardivo invio dei dati per le operazioni transfrontaliere con le modalità xml specifiche previste costituisce violazione dell’art. 1, c. 3-bis D.Lgs. 127/2015. La sanzione amministrativa corrispondente è pari a 2 euro per ciascuna fattura, entro il limite massimo di 400 euro mensili, ridotta alla metà se l’invio è effettuato entro 15 giorni dalla scadenza.

La mancata integrazione cartacea può essere sostituita dall’invio del Tipodocumento allo SdI. Ma cosa succede se la mancata integrazione cartacea è accompagnata dal mancato o irregolare invio del TD16, TD17, TD18 o TD19 (ad esempio invio TD senza Iva)? In questo caso si aggiunge la sanzione per mancata integrazione di cui all’art. 6, c. 9-bis D.Lgs. 471/1997: è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 500 e 10.000 euro il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, omette di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile di cui agli artt. 17, 34, c. 6, secondo periodo, e 74, cc. 7 e 8 D.P.R. 26.10.1972, n. 633, e agli artt. 46, c. 1, e 47, c. 1 D.L. 30.08.1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla L. 29.10.1993, n. 427.

Se l’operazione non risulta dalla contabilità, tenuta ai sensi dell’art. 13 e ss. D.P.R. 29.09.1973, n. 600, la sanzione amministrativa è elevata a una misura del 5% dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro.

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