ETS ed Enti non commerciali
09 Dicembre 2024
Il legislatore ha previsto dal 2025 nuove ipotesi di esenzione da Iva (anziché di esclusione come attualmente avviene) per alcuni tipi di enti associativi. Secondo notizia di stampa il nuovo regime potrebbe slittare al 2026.
L’art. 4, c. 4 D.P.R. 633/1972 permette agli enti associativi c.d. “privilegiati” di “decommercializzare” ai fini Iva (art. 148, c. 3 del Tuir ai fini delle imposte dirette) una serie di attività svolte a favore di specifici soggetti ivi richiamati. Al fine di fruire dell’esclusione da Iva è necessario che l’atto costitutivo o statuto dell’associazione contenga le clausole previste dallo stesso art. 4, c. 7.
Con la procedura di infrazione n. 2008/2010 (ex art. 258 del TFUE) all’Italia viene imputato il “non corretto recepimento della Direttiva 2006/112/CE, relativamente alle esenzioni previste dall’articolo 132”. Per sanare il contrasto tra normativa nazionale e comunitaria sul regime Iva degli enti associativi, l’art. 5 D.L. 146/2021 ha disposto l’abrogazione delle norme di esclusione recate dall’art. 4, c. 4 D.P.R. 633/1972, ossia:
– i corrispettivi specifici versati dai soci delle associazioni “privilegiate” (c. 4);
– le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentativi nelle assemblee nazionali e regionali.
Allo stesso tempo, è prevista l’introduzione di nuove ipotesi di esenzione da Iva all’art. 10, cc. 4, 5 e 6 D.P.R. 633/1972, riflettendo le esenzioni ex art. 132 della Direttiva n. 2006/112/CE. Sono escluse da tali novità le sole ODV e APS con ricavi annui non superiori a 65.000 euro. Tale limite potrà essere innalzato, con l’autorizzazione UE sui regimi fiscali, sino a 130.000 euro, consentendo a ODV e APS di applicare il trattamento di favore ex art. 86 CTS.
Ci preme qui soffermarci sulla nuova disciplina dei corrispettivi specifici di alcuni enti di tipo associativo.
Con riferimento alla disciplina vigente (art. 4, c. 4 D.P.R. 633/1972), saranno assoggettate al regime di esenzione “le prestazioni di servizi e le cessioni di beni a esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extrascolastica alla persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello Statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali hanno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività, e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali”. Come si vede, le cessioni di beni fruiscono dell’esenzione soltanto se strettamente connesse alle prestazioni di servizi. In caso contrario tali cessioni sono imponibili Iva.
Nell’elenco dei soggetti interessati all’esenzione (prima esclusi da Iva) non sono più presenti le associazioni sportive dilettantistiche.
Appare logica conseguenza che la nuova normativa comporterà la necessità di partita Iva per gli enti che ne erano sprovvisti, con tutti gli adempimenti contabili e fiscali che ne derivano (fatturazione, registrazione, dichiarazione) e oneri amministrativi conseguenti. Allo scopo di semplificare gli adempimenti, si può valutare l’opzione per l’applicazione dell’art. 36-bis D.P.R. 633/1972 relativo alla dispensa degli adempimenti contabili; una scelta che comporta la perdita della detrazione dell’Iva sugli acquisti. La convenienza dipende dall’Iva che l’ente è in grado di recuperare per effetto del diritto alla detrazione: se l’ente esercita unicamente operazioni esenti, il recupero dell’Iva è praticamente nullo, essendo preclusa la detrazione Iva a fronte di operazioni esenti. Se l’ente, oltre a operazioni esenti, svolgesse anche operazioni imponibili, si applicherebbe il pro-rata che consente di recuperare l’Iva sugli acquisti in misura proporzionale al volume delle attività imponibili.
Ai fini delle imposte dirette nulla sarà modificato, potendosi considerare tali proventi ancora istituzionali.