Diritto del lavoro e legislazione sociale
15 Marzo 2024
Si propone un’analisi sul congedo parentale, soprattutto in riferimento a quanto di nuovo è stato previsto dalle recenti disposizioni.
Come riportato sul sito dell’Inps, alla pagina a esso dedicata, il congedo parentale è definito come “un periodo di astensione facoltativa dal lavoro, concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali”. Si tratta, dunque, di un istituto di natura previdenziale volto ad assicurare la possibilità a lavoratrici e lavoratori dipendenti in costanza di rapporto, di astenersi dalla resa della prestazione. Spesso gergalmente definito come “congedo di maternità facoltativo” o ancor più semplicemente “maternità facoltativa” in virtù della sua non obbligatorietà, si sostanzia nella discrezione del lavoratore divenuto genitore di richiedere un periodo di temporanea assenza dal lavoro, pur mantenendo in essere il rapporto lavorativo.
Si rammenti come, a differenza del congedo di maternità e paternità obbligatorio, il cui periodo di fruizione è strettamente legato all’evento parto o all’entrata nel nucleo familiare del bambino adottato o affidato, il periodo di fruizione del congedo parentale si lega indissolubilmente alle esigenze naturali e fisiologiche dell’infante, le quali comportano la necessaria assistenza di almeno uno dei genitori. Per tale motivo, il legislatore ha istituito un congedo rivolto a entrambi i genitori, fruibile entro i primi 12 anni di età del bambino (limite da conteggiarsi, invece, dal momento dell’adozione o di affidamento in tali casi), consistente nella possibilità di astenersi per un periodo complessivo non superiore a 10 mesi.
Infatti, ciascun genitore ha la facoltà di fruire al massimo di 6 mesi, continuativi o frazionati, e con esclusivo riferimento al padre, nel qual caso questi fruisse di almeno 3 mesi, il totale ad esso riservato verrebbe ad elevarsi a 7 e, dunque, il limite complessivo si innalzerebbe fino a 11 mesi. Va sottolineato come, nel caso di parti, adozioni o affidamenti plurimi, il diritto al congedo in esame spetta alle stesse condizioni per ogni bambino. La fruizione dei periodi citati, a partire dal 2012, è divenuta possibile anche in modo frazionato, vale a dire su base oraria. Ove il rapporto di lavoro venisse meno nel mentre della fruizione del congedo, tale diritto cesserebbe di conseguenza, a far data dal giorno in cui il rapporto si interrompe.
È stabilita la corresponsione di un’indennità a carico dell’Inps, quantificata nel 30% della retribuzione media giornaliera, per un periodo massimo complessivo di 9 mesi. Nel dettaglio è stabilito che, per ciascun genitore, i mesi indennizzati e non trasferibili siano 3 ognuno, cui si aggiungono ulteriori 3 mesi, per un totale complessivo di 9 mesi indennizzati, la cui scelta su chi sia il genitore fruitore è rimessa agli stessi. L’indennità spetta per i mesi successivi al 9° nel solo caso in cui il reddito individuale del genitore richiedente sia inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione.
Le leggi di Bilancio 2023 e 2024 sono intervenute sul tema, disponendo una revisione dell’ammontare dell’indennità. Per il genitore che fruisca del congedo entro il 6° anno, il cui periodo di astensione obbligatoria sia terminato entro il 31.12.2023, può vedersi corrisposta l’indennità di 1 mese su 3 (tra i mesi non trasferibili) elevata all’80% della c.d. “RMG”.
Per coloro i quali, invece, terminino il congedo obbligatorio in data successiva al 31.12.2023, sono previsti 2 mesi la cui indennità viene maggiorata: 80% della retribuzione per i primi 2 mesi se goduti entro il 31.12.2024, oppure 80% il 1° mese se goduto entro il 31.12.2024 e 60% il 2° mese se goduto dopo il 31.12.2024.